Golpe in Burkina Faso, una soluzione che sa di restaurazione

di AFRICA

Con il classico comunicato stampa letto nella serata di ieri alla tv nazionale, la cui sede era occupata già dal primo mattino, i militari del Movimento patriottico per la salvaguardia e la restaurazione (Mpsr) fedeli al tenente colonnello Paul-Henri Sandaogo Damiba hanno annunciato di aver esautorato dal potere il presidente del Burkina Faso Roch Marc Christian Kaboré per “manifesta incapacità di garantire la sicurezza”.

Di Andrea Spinelli Barrile

Nel comunicato, letto da un portavoce del Mpsr, è stata annunciata anche la sospensione delle attività dell’Assemblea nazionale e del governo, la chiusura delle frontiere e l’istituzione di un coprifuoco dalle 21 alle 5. “Il Movimento patriottico per la salvaguardia e la restaurazione (Mpsr) ha deciso di assumersi le proprie responsabilità davanti alla storia, alla comunità nazionale e internazionale. Il Movimento, che riunisce tutte le forze di difesa e di sicurezza, ha così deciso di porre fine al potere di Roch Marc Christian Kaboré, questo 24 gennaio 2022”.

Il clima era teso già da sabato, con il divieto delle autorità burkinabé per la manifestazione di protesta contro l’insicurezza e i primi ammutinamenti nei campi militari di Sangoulé Lamizana e Baba Sy, a Ouagadougou, negati dal governo in numerosi comunicati stampa andati avanti anche tutta la giornata di domenica. Lunedì mattina gli ammutinati sono passati all’azione, bloccando Kaborè ed arrestandolo e occupando la sede della tv nazionale e di altri centri di potere. L’ annuncio della presa di potere dell’esercito, scrive Rfi, è stato accolto dall’applauso di una folla ammassata da mezzogiorno in Place de la Nation a Ouagadougou, seguita da un carosello di motociclette.

A capo del Mpsr c’è il 41enne tenente colonnello Paul-Henri Sandaogo Damiba, uno tra gli ufficiali di fanteria che guidano le truppe burkinabé sul fronte della guerra interna contro i gruppi islamisti. I golpisti avrebbero anche liberato il generale Gilbert Diendéré, che già nel 2015 instaurò un regime militare, attualmente al sicuro a Laminzana. Diendéré è anche uno degli imputati eccellenti nel processo Sankara.

La carriera di Damiba, in un certo senso, dice molto della complessità del Burkina Faso di oggi: ex-elemento dell’Rsp (la guardia pretoriana di Blaise Compaoré) ne è uscito dopo gli ammutinamenti del 2011. Uscito dal Paese dopo il golpe contro Compaorè, è rientrato nell’esercito poco tempo dopo. In seguito alla tragedia di Inata (a novembre, quando 19 agenti della Gendarmeria e un civile hanno perso la vita in un attacco nella provincia di Soum) è stato nominato comandante della 3a regione militare, che copre Ouagadougou, Koudougou, Fada N’Gourma e Manga. In quel ruolo Damiba è stato responsabile in particolare del sistema antiterrorismo nella zona orientale del Burkina e della sicurezza della capitale Ouagadougou. Era stato nominato a questo incarico con un decreto firmato per mano da Roch Marc Christian Kaboré, che aveva operato una vasta riorganizzazione nella gerarchia militare il giorno dopo l’attacco a Inata, la peggiore perdita per le forze antiterrorismo burkinabé dal 2015, da quando il Paese sta affrontando un aumento degli attacchi terroristici che hanno provocato oltre 1,4 milioni di sfollati interni. La situazione della sicurezza si è deteriorata ulteriormente negli ultimi mesi, con diversi attacchi contro l’esercito e i civili: oltre 500 soldati burkinabé sono morti dall’inizio delle violenze, decine di migliaia invece sono i civili vittime del terrorismo. A partire dal 28 maggio 2021 gli attacchi hanno anche provocato la chiusura di 2.244 scuole e interessano 304.564 studenti in diverse regioni del Paese. Nel 2021 violenza ha costretto circa 17.500 persone a espatriare e, ad oggi, lo stato di emergenza è attivo in 14 delle 45 province del Paese.

Nella seconda metà del 2021 le criticità sono venute fuori tutte assieme: la paura crescente attacco dopo attacco, il malcontento tra le truppe, la corruzione dilagante e l’inflazione, che ha fatto schizzare i prezzi in un Paese dove il 40,1% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà.

L’8 gennaio scorso un piccolo gruppo di militari, una dozzina, era finito agli arresti, accusati di aver tentato di organizzare un colpo di Stato, ma le autorità giudiziarie avevano detto la scorsa settimana di essere in cerca di altri presunti golpisti.

C’è poi tanto Mali, in questo colpo di Stato in Burkina Faso: il crescente malcontento per la sicurezza inesistente, il sentimento antifrancese sempre più diffuso, la crisi economica del Paese, la corruzione. E “la restaurazione”, che incredibilmente appare ancora una volta come “la soluzione”.

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