Abba Mussie, un sacerdote eritreo candidato al Nobel per la Pace

di Enrico Casale

Mussie_Zerai-690x350Mussie Zerai è stato ufficialmente candidato al Premio Nobel per la Pace. Per il grande pubblico questo nome non dice molto. Per chi si occupa di Africa e di immigrazione, invece, abba Mussie è un punto di riferimento imprescindibile. Così come per ogni eritreo che decide di affrontare la roulette russa della attraversata del Sahara e del Mediterraneo per raggiungere la Fortezza Europa.

Eritreo, sacerdote, ha studiato in Italia. Già quando era studente a Roma ha iniziato a occuparsi dei suoi compatrioti che arrivavano sempre più numerosi a Lampedusa fuggendo dal regime dispotico di Isayas Afeworki.

Tra gli immigrati il suo nome diventa sempre più famoso. E, con il tempo, tutti i ragazzi che partono da Asmara hanno in tasca il suo numero di cellulare. Quando si trovano in difficoltà in mezzo al deserto o tra le onde del mare su un barcone in panne, lo chiamano e lui si attiva per aiutarli.

È da lui e da Azezet Kidane (una combattiva suora comboniana) che i principali giornali italiani e internazionali vengono a conoscere la tragedia della tratta di eritrei ed etiopi nella Penisola del Sinai. E delle violenze inaudite che sono costretti a sopportare.

È sempre lui, questa volta insieme ad altri oppositori, a far conoscere al grande pubblico lo scandalo della tassa che gli eritrei della diaspora sono costretti a pagare al regime anche quando sono all’estero.

Dopo aver trascorso un lungo periodo in Italia, oggi vive in Svizzera. È il cappellano della comunità eritrea di Friburgo. La sua battaglia però è tutt’altro che finita. Instancabile, continua a lavorare a favore dei suoi connazionali. E chi lo conosce sa benissimo che, anche vincesse il Nobel, non smetterebbe di combattere per gli immigrati.

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