30/01/14 – Rwanda – Sostegno a ribelli M23, braccio di ferro Kigali-Onu

di AFRICA

 

Un rapporto “politicamente motivato, non professionale nel quale mancano prove e precisazioni”: da Addis Abeba, dove partecipa al vertice dell’Unione Africana, il ministro degli Esteri ruandese Louise Mushikiwabo ha respinto l’ultimo documento stilato da esperti Onu che accusa nuovamente Kigali di sostegno alla ribellione congolese del Movimento del 23 marzo (M23). “E’ lo stesso rapporto che viene diffuso da due o tre anni a questa parte. Le Nazioni Unite non sono un serbatoio di verità e non è certamente a colpi di falsi rapporti che si raggiungerà la pace e la stabilità di cui il Rwanda e la regione hanno bisogno” ha aggiunto il capo della diplomazia ruandese.

Nato nella primavera del 2012, l’M23 ha tenuto in scacco il Nord Kivu per 18 mesi fino alla sua sconfitta militare sul terreno lo scorso novembre, risultato di un’operazione congiunta dell’esercito congolese (Fardc) e la brigata di intervento della locale missione Onu (Monusco). (Monusco). Il 13 dicembre l’M23, il governo di Kinshasa e i paesi mediatori dei Grandi Laghi hanno firmato a Nairobi tre dichiarazioni di pace che lasciavano presagire passi avanti per la sicurezza della ricca provincia mineraria.

A solo un mese di distanza l’ultimo rapporto stilato da esperti Onu ha invece documentato “sulla base di testimonianze e informazioni credibili” che l’M23 continua a reclutare combattenti in territorio ruandese mentre i suoi dirigenti, colpiti da sanzioni internazionali, si spostano liberamente in Uganda. Dall’inizio della crisi sia la società civile congolese che osservatori esterni hanno accusato i due paesi confinanti con il Nord Kivu di sostegno politico, militare e logistico all’M23 con l’intento di destabilizzare e sfruttare l’est del Congo. In diversi casi è stata segnalata anche la presenza clandestina di truppe regolari ruandesi ed ugandesi in territorio congolese, ma Kigali e Kampala hanno sempre respinto ogni addebito.

Dall’inizio del 2014 in Nord Kivu sono state lanciate operazioni dell’esercito congolese contro i ribelli ugandesi delle Adf-Nalu e la ribellione hutu ruandese delle Forze di liberazione nazionale del Rwanda (Fdlr), con il sostegno dei caschi blu. Ancora una volta l’instabilità cronica dell’est del Congo, nel cuore della regione dei Grandi Laghi, è uno dei teatri di crisi al centro del vertice UA in corso ad Addis Abeba.

Nel braccio di ferro che oppone Kigali all’Onu, alcuni analisti politici e esperti hanno rivelato le “pressioni” esercitate a New York dal rappresentante del Rwanda – membro non permanente del Consiglio di sicurezza – presso le Nazioni Unite per bloccare l’ultimo rapporto, invocando la “regola del consenso diplomatico”. Ad eccezione delle accuse ruandesi, che hanno bollato il lavoro degli esperti Onu di “parziale a fini ideologici e politici”, e di alcune riserve espresse da Nigeria e Russia, gli altri membri del Consiglio di sicurezza hanno valutato il rapporto come “credibile, indipendente e professionale”.

Dieci giorni fa il governo del presidente Paul Kagame ha apertamente criticato la Monusco per la “lentezza” delle operazioni dei caschi blu le Fdlr, accusate di coinvolgimento nel genocidio del 1994. Da mesi, sulla base delle accuse mosse dall’Onu, Washington, alleato storico di Kigali, ha esercitato pressioni diplomatiche sulle autorità ruandesi, sospendendo parte degli aiuti militari. A complicare ulteriormente la vicenda è stata l’uccisione il mese scorso in Sudafrica di Patrick Karegeya, l’ex capo dei servizi segreti del Rwanda, così come una serie di omicidi e scomparse dei suoi cittadini in esilio, casi per lo più irrisolti. – Misna

 

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