28/05/13 – Centrafrica – Il Presidente ai capi religiosi: “è uno stato laico”

di AFRICA

La prossima apertura di un dialogo interreligioso tra cristiani e musulmani e rassicurazioni sulla natura “laica” dello Stato: sono queste le notizie rilanciate dalla stampa centrafricana dopo l’incontro di ieri a Bangui tra l’ex capo ribelle alla presidenza dal 24 marzo, Michel Djotodia, e i leader delle Chiese evangeliche e protestanti. La scorsa settimana il presidente di transizione aveva avuto colloqui con esponenti della Chiesa cattolica con lo stesso intento: respingere le accuse mosse nelle ultime settimane nei confronti dei combattenti della Seleka, denunciati anche per aver attaccato, saccheggiato e danneggiato chiese, missioni e beni di proprietà di non musulmani.

“Abbiamo un certo timore – ha detto il pastore Pascal Guérékoyamé – è vero. Al capo dello Stato viene attribuita l’intenzione di voler islamizzare il paese e per questo siamo preoccupati. Ora, dopo che lo abbiamo incontrato e ci ha assicurato del contrario, vogliamo aspettare per vedere cosa succederà”. Dal canto suo Djotodia, rivolgendosi anche alla comunità internazionale, ha detto: “Il nostro paese è laico. La laicità è il principio di separazione tra il potere e la religione. In Centrafrica lo Stato è imparziale e neutrale nei confronti delle diverse confessioni religiose, quindi non esiste une religione di Stato”. Djotodia, primo presidente musulmano del Centrafrica, paese a maggioranza cattolica, ha anche annunciato l’apertura di inchieste sui beni saccheggiati nelle chiese per punire i colpevoli e versare risarcimenti. La maggior parte degli esponenti delle istituzioni di transizione sono ex ribelli o personalità vicine alla Seleka (alleanza in lingua sango, ndr), per lo più originari del nord, a maggioranza musulmana. Inoltre la quasi totalità dei combattenti proviene dai vicini Ciad e Sudan e parla solo arabo.

Intanto, al termine dell’incontro di Bangui, è stata annunciata la nomina a consigliere della presidenza per le questioni religiose e delle minoranze del pastore José Binoua. Una nomina interpretata da alcuni osservatori come un segnale di distensione mentre altri hanno sottolineato che l’ex ministro dell’Amministrazione territoriale nonché ex candidato alle presidenziali del 2005 è stato fino allo scorso marzo uno strenuo difensore del regime di François Bozizé, al potere dal 2003 con un colpo di stato. Toccherà a Binoua organizzare un dialogo interreligioso voluto da Djotodia, anche per rassicurare la comunità africana ed internazionale che ha messo al bando l’ex colonia francese dell’Africa centrale.

Dopo l’annuncio della sospensione del paese, tra i primi produttori africani di diamanti, dal Kimberley Process, un sistema di certificazione internazionale per il commercio di queste pietre preziose, il ministro delle Miniere e del petrolio ha parlato di una “decisione ingiusta”. Secondo Hervé Gotron Djono Habba, il blocco delle esportazioni di diamanti – una delle principali fonti di introiti per il Centrafrica – è “una sanzione che non farà altro che complicare la gestione dello Stato e della transizione da parte delle nuove autorità”. Per l’esponente di governo quando si parla di Kimberley Process si fa riferimento “ai diamanti insanguinati in zone di conflitto (…) mentre qui c’è un cambiamento in corso, non c’è più la guerra”. Lo Stato non ha più fondi dopo una crisi politico-militare cominciata lo scorso dicembre e il colpo militare di due mesi fa ma anche per gli sperperi di dieci anni di presidenza Bozizé. A Bangui manca liquidità per pagare stipendi arretrati dei pubblici dipendenti, far fronte all’emergenza umanitaria e ristrutturare le forze di sicurezza. – Misna

 

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