28/01/14 – Tunisia – Una nuova Costituzione: qualche dubbio ma un grande passo avanti

di AFRICA

 

Il voto sulla nuova Costituzione tunisina si è fatto attendere più del previsto, sospeso tra ritardi e lentezze, ma alla fine è arrivato, e ha trionfato con una maggioranza schiacciante. Era quasi notte quando domenica i 217 membri dell’Assemblea Nazionale Costituente hanno approvato la nuova Carta, che racchiude in sé l’idea di modernità di Habib Bourguiba e il desiderio di democrazia che si è fatto strada con la rivoluzione dei Gelsomini. È stato un parto durato due anni: lento, lungo, che ha toccato punte drammatiche con gli assassinii di Chokri Belaid e di Mohamed Brahmi e che in più occasioni ha fatto temere che la Tunisia potesse piombare nel caos post rivoluzionario che sta frenando la transizione dell’Egitto o della Libia.

La nuova Carta è la base su cui costruire un ponte con l’Europa: proclama l’uguaglianza tra uomini e donne, stabilisce l’obbligo dello Stato a garantire i diritti di queste ultime e persino il loro ruolo nelle istituzioni, non fa riferimento alla sha’ria, nonostante il tentativo di Ennahda. Il nodo più complesso riguarda la definizione del rapporto tra religione e stato. La religione ufficiale è l’Islam, è scritto all’articolo 1, ma l’articolo 6 proclama la libertà di culto, prevedendo garanzie contro l’accusa di apostasia. Anche se subito dopo specifica che lo Stato si impegna a far rispettare il “sacro”.

Questa precisazione preoccupa le organizzazioni per i diritti umani, le quali temono che nel futuro questa norma possa spianare la strada al reato di blasfemia ed entrare in conflitto con la libertà di parola, anch’essa costituzionalmente garantita. I precedenti nel paese non sono rincuoranti: Jabeur Mejri a marzo 2012 è stato condannato a sette anni e mezzo di carcere per aver postato su Facebook delle caricature di Maometto. Qualche dubbio lo pone anche l’articolo 21, che dichiara la sacralità del diritto alla vita, salvo casi eccezionali previsti dalla legge. In Tunisia infatti vige ancora la pena di morte per 21 reati, tra i quali l’omicidio e lo stupro, anche se di fatto non viene applicata dagli anni Novanta. Il presidente Moncef Marzouki aveva più volte chiesto di abrogare la norma, ma la Costituente con 135 voti a favore ha deciso di mantenerla.

Domenica l’Assemblea costituente è arrivata stremata al voto, dopo due anni di negoziati e richiami ai valori fondamentali, nel confronto tra tutela dell’identità islamica e aspirazioni alla modernità. La Tunisia disegnata dalla nuova Carta avrà di fatto due punti di riferimento, il presidente e il primo ministro: il bilanciamento dei poteri è frutto dell’esperienza autoritaria fatta con il partito unico di Ben Ali (e prima ancora durante l’era Bourguiba).

Per gli analisti, la Carta è nata soprattutto come risultato di un accordo tra due “saggi”: Rachid Ghannouchi, fondatore di Ennahda, e Beji Caid Essebsi, ex primo ministro e leader della formazione Nidaa Tounes. Sullo sfondo del compromesso tra i due personaggi di prima fila, ci sono i quattro pilastri della società civile che fino alla fine hanno fatto pressione sui costituenti: la Lega tunisina per i diritti umani, la locale Confindustria, l’Unione dei lavoratori e l’Associazione degli avvocati. È la vittoria delle organizzazioni civili e dei sindacati, ma è anche la sconfitta delle frange islamiche integraliste, a partire dalle formazioni salafite, che cercavano di spingere il governo a guida islamica verso scelte radicali, ma che di fatto sono sempre state contrastate da grandi reazioni popolari. Proprio le accuse al governo guidato da Ennahda, considerato troppo debole con gli integralisti e poco sollecito nel catturare i colpevoli degli assassinii di Belaid e Brahmi, sono state tra le cause del ritardo con cui si è formato il nuovo governo, che dovrà prima gestire la ratifica della Costituzione e poi portare la Tunisia al voto, presumibilmente a giugno. * Serena Grassia – Atlasweb

 

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