04/10/13 – Madagascar – Nosy Be: dietro gli assassinii diritti negati e sfiducia

di AFRICA

 

E’ salito a tre il numero di persone linciate dalla popolazione di Nosy Be poiché sospettate di aver assassinato e mutilato un bambino di otto anni, il cui corpo senza vita è stato abbandonato su una spiaggia dell’isola turistica nel nord del Madagascar.

Fonti del Quai d’Orsay, il ministero degli Esteri francese, hanno confermato che tra le vittime c’è un cittadino francese, Sébastien Judalet, 48 anni, entrato in Madagascar lo scorso 15 settembre con un visto turistico di 60 giorni. Il secondo europeo ad aver perso la vita aveva la doppia nazionalità francese ed italiana, Roberto Gianfala, e il suo passaporto era scaduto. L’identità dei due stranieri, uccisi giovedì mattina, è stata anche confermata dal capo di distretto Malaza Ramanamahafahy. La terza vittima, linciata in serata, sarebbe invece un cittadino malgascio, la cui identità non è stata ancora resa nota ma che potrebbe essere lo zio del bambino ucciso.

Una delegazione ministeriale è arrivata in Madagascar per incontrare i responsabili dell’amministrazione locale e la famiglia della piccola vittima. Il consolato di Francia ad Antananarivo ha sconsigliato ai cittadini francesi residenti a Nosy Be, in tutto circa 700 persone, di uscire di sera; la scuola francese, inoltre, rimarrà chiusa almeno fino a lunedì. Il capo della gendarmeria dell’isola nord-occidentale, il comandante Ridza, ha intanto aperto un’inchiesta per verificare le voci su presunti traffici di organi.

“Ci sono molte zone d’ombra da chiarire in questo caso insolito. A cominciare dal numero di persone linciate dalla folla: qui si parla anche di quattro individui. E poi è tutta da confermare la voce di traffici di organi: c’è chi è più propenso a credere che si sia trattato di una pratica di tipo rituale” dicono alla MISNA fonti dell’emittente radiofonica salesiana Radio Don Bosco, sottolineando che “le vendette popolari si stanno generalizzando e sono emblematiche del caos che regna del paese”.

L’episodio di Nosy Be è da ricollegare al contesto di annose e crescenti violazioni dei diritti umani in quest’isola considerata un paradiso turistico, con una storia fatta di traffici di esseri umani, prostituzione anche infantile e, di recente, anche traffico di ossa e saccheggi di sepolture.

“Il caso va anche ricollegato al contesto globalmente teso ed incerto in vista delle presidenziali del 25 ottobre: la popolazione è stanca di furti di bestiame, banditismo e traffici su vasta scala oltre ad avere totalmente perso fiducia nelle forze di sicurezza, nella giustizia e nello Stato in generale” ha aggiunto la stessa fonte, lanciando l’allarme per “le ingenti quantità di armi in circolazione sul territorio nazionale”. Per questo motivo molta gente ha deciso di “farsi giustizia da sola”. Ma a sole tre settimane dal voto ci sono altri focolai di instabilità, in particolare le università con le proteste degli studenti per il mancato pagamento delle borse di studio. “E poi siamo – dicono alla MISNA – in piena campagna elettorale. Stanno circolando molti soldi: come di solito i candidati cercano di comprarsi voti e non esitano a strumentalizzare rabbia e malcontento popolare. In questo contesto socialmente ed economicamente difficile basta poco perché da una scintilla nasca un grande incendio”.

Nelle ultime ore alcune fonti di stampa hanno anche stabilito un collegamento tra l’uccisione di due europei e il clima anti-francese e anti-straniero che si sta manifestando in Madagascar. Il mese scorso alcuni ordigni sono esplosi nella capitale Antananarivo e, in almeno un caso, gli autori hanno denunciato un’eccessiva ingerenza della comunità internazionale nelle questioni politiche interne. Si sono levate voci critiche per la decisione dei partner internazionali di far ritirare tre dei candidati più in vista – l’attuale presidente di transizione Andry Rajoelina, l’ex capo di Stato Didier Ratsirika e la moglie dell’ex presidente Lalao Ravalomanana – e di aver insistito per convocare il voto a fine ottobre. “Ancora una volta – dicono ancora alla MISNA – il paese va alle urne diviso con una parte dei cittadini ansiosa di archiviare la transizione e con la speranza di un rilancio socio-economico mentre l’altra non vuole andare alle urne”. – Misna

 

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