03/06/14 – Africa – Sono quasi 10 milioni le armi che circolano nel continente

di AFRICA

 

L’Archivio Disarmo pubblica un approfondito lavoro che si poggia su più fonti (Sipri, Iiss, Unhcr e riviste specisalizzate). Nella prima parte, il dossier a cura di Jacopo Raddusa spiega le norme legislative adottate dall’Ecowas – la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale composto da quindici paesi, con la missione di promuovere l’integrazione economica in tutti i settori dell’attività economica –  dal 1975 ad oggi rispetto alla questione armi, un inizio piuttosto tecnico e specifico. Nella seconda parte, si entra nello specifico e si denuncia con chiarezza quali siano i paesi che si arricchiscono vendendo armi piccole e leggere (Salw) nei 15 paesi dell’Ecowas. Durante e dopo la Guerra Fredda si sono succhiate le risorse degli stati africani occidentali senza alcuna considerazione della violazione dei diritti umani.

I lasciti della guerra fredda. La massiccia presenza di armi leggere risale alla guerra fredda, quando i blocchi contrapposti hanno cominciato a insinuare nel continente arsenali per fomentare le loro guerre per procura. Ma il problema si è evoluto in anni più recenti, con le importazioni e con la proliferazione di fabbriche, più o meno legali, che oggi producono direttamente le armi in loco. Questo il punto di partenza del lungo paper di Jacopo Raddusa, ricercatore dell’Archivio Disarmo, sul commercio di armi nell’Ecowas. “Bisogna partire dal colonialismo e dalla decolonizzazione – chiarisce Raddusa – avvenuta durante la guerra fredda, perché le varie potenze, dopo averne tracciato i confini e imposto le divisioni etniche, hanno delineato in questo periodo le rispettive sfere di influenza all’interno dell’Ecowas”.

Dalle superpotenze ai regimi corrotti. La guerra fredda è, dunque, causa della presenza di Salw in Africa non solo perché ha favorito l’ingresso delle armi negli anni ’70 e ’80, ma soprattutto perché, una volta terminata, ha facilitato il passaggio delle armi dalle superpotenze direttamente a quei poteri interni corrotti che si sono diffusi, anche grazie agli scarsi controlli della comunità internazionale. Altro problema ereditato dalla guerra fredda, è il controllo dei confini, affidato oggi a militari e a forze dell’ordine che, oltre ad essere poche e spesso impreparate, sono anche sottopagate e di conseguenza più a rischio corruzione, come testimoniano le inchieste di dall’Onu e commissioni nazionali.

I produttori di armi in Africa. Sono il Ghana, la Nigeria, il Mali, la Costa d’Avorio. Raddusa procede nel definire quali siano i paesi Ecowas che maggiormente producono armi e ad oggi, il Ghana risulta avere il maggior numero di fabbriche illegali e di armi prodotte per diverse decine di migliaia. La polizia locale, poi, afferma che l’80-90% delle armi sequestrate e utilizzate nelle rapine siano armi artigianali e locali. Oltre al Ghana, la Nigeria, il Mali, la Liberia e la Costa d’Avorio sono, nell’ordine, i principali fabbricanti di armi utilizzate nei numerosi conflitti dell’Africa occidentale. In Mali, un’inchiesta nazionale terminata nel 2010, ha rivelato la presenza di almeno 343 artigiani che in media producono ogni anno 4.827 armi tra fucili e pistole. Uno studio condotto tra il 2009 ed il 2010 in Costa d’Avorio, poi,  informa che dei 494 casi di violenza armata denunciati dagli intervistati, nel 12% sono state utilizzate armi di manifattura locale.

Gli esportatori. “Analizzando i dati relativi alle esportazioni di armi, ai conflitti e agli indici socio-sanitari dei paesi più instabili – spiega ancora Raddusa – li ho confrontati con quelli dei paesi ritenuti più stabili e alla fine è emerso che la proliferazione delle armi piccole è tra i fattori principali di instabilità e povertà in un paese. Il fenomeno della proliferazione delle armi è una complessa questione politica ed economica e come tale  può essere  risolto solo quando gli stati esportatori avranno trovato altri strumenti politico-diplomatici più efficaci per esercitare la loro influenza”. I paesi più attivi nel diffondere Salw in questa parte dell’Africa, sono Stati Uniti, Cina, Francia, Israele, Russia ed Italia.

Stati Uniti, Cina e Francia. Gli Stati Uniti, nonostante siano il primo paese esportatore di armi al mondo, tra il 2008 ed il 2012 hanno esportato Salw e relative munizioni solo per circa 7 milioni di dollari verso l’Africa. Le esportazioni delle maggiori armi convenzionali cinesi in Africa sono state pari al 5% delle globali. I maggiori importatori di Salw dalla Cina, tra il 2006 e il 2010,  sono stati il Ghana, la Liberia, il Niger, la Nigeria, la Sierra Leone, e il Togo. Sempre tra il 2008 e il 2012 le esportazioni di maggiori sistemi d’arma convenzionali della Francia verso l’intero continente sono state pari al 13% delle esportazioni totali, soprattutto in Benin, Burkina Faso, Guinea, Mali e Senegal per un controvalore di almeno 20 milioni di euro. Oggi la Francia  contribuisce ad aumentare le vendite di armi e munizioni nei paesi più a rischio. Come dimostra il caso del Mali, nel solo 2012 le esportazioni francesi di Salw nei paesi dell’Ecowas ha raggiunto quasi i 10 milioni di dollari e di questi ben 1/3 sono stati generati nel solo Mali.

Armi israeliane e russe in Africa. La fonte principale e più remunerativa delle esportazioni di Israele in Africa non sono tanto le armi piccole e leggere quanto gli armamenti inerenti la sfera aere-navale. Nel 2006 è riuscito a concludere con la Nigeria un accordo commerciale del valore di 260 milioni di dollari e nel 2008  si è assicurato un ulteriore contratto di 25 milioni di dollari per la fornitura di due pattugliatori Shaldag. Per quanto riguarda le Salw, tra il 2010 e il 2012 Israele ha rifornito la Nigeria di armi e munizioni per un controvalore di poco meno di 1 milione e mezzo di dollari. La Russia, nel periodo 2008-2012, si è piazzata al secondo posto dietro solo agli Stati Uniti con un volume d’affari pari al 26% delle esportazioni globali di armi convenzionali. Tra il 2000 e il 2005 ha esportato Salw per 60-200 milioni di dollari l’anno nel mondo e in Ecowas rientrano Burkina Faso, Ghana, Nigeria e Mali.

Il caso dell’Italia. “L’Italia – denuncia Maurizio Simoncelli, vicepresidente dell’Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo – ha appena concluso “Sistema Paese in movimento”: un’azione di promozione commerciale delle proprie armi mediante la crociera della portaerei Cavour della Marina Militare. Come istituto di ricerca riteniamo che rilevare questi flussi di armamenti, documentarne la provenienza e gli effetti drammatici sulla popolazione e sull’economia sia necessario, perché le normative vigenti in Italia e in Europa  prescrivono una particolare attenzione nell’export di tali merci”. L’Italia, tra i primi 10 esportatori di armi al mondo, grazie alla centralità nel Mediterraneo da un lato e all’elevata qualità e affidabilità dei prodotti nostrani offerti dalla Beretta dall’altro, è stata in grado di sviluppare un florido commercio di armi con i paesi del Nord Africa i quali, poi, hanno fatto circolare le nostre armi per l’intero continente, facendo sì che oggi ne esportiamo anche in Sud Africa.

Gran parte dell’arsenale libico è italiano. Il 6% delle maggiori armi convenzionali esportate in Africa tra il 2008-2012 sono italiane e solo Ucraina, Russia, Cina e Francia ne hanno esportate di più. Per quanto riguarda le Salw e relative munizioni, tra i paesi dell’Ecowas che abbiamo rifornito ci sono Ghana, Mali,  Nigeria e il Senegal, i quali tra il 2009 e il 2012 hanno importato tali merci per un controvalore di poco inferiore ai 2 milioni di dollari. “Queste cifre però sono parziali e non possono essere considerate esaustive – precisa Raddusa –  considerato che buona parte delle armi in Libia sono di provenienza italiana, è lecito pensare che molte di queste siano finite in mano a ribelli, terroristi o semplici civili dei paesi confinanti, così come è già accaduto per le armi russe e statunitensi”. * Marta Rizzo – Repubblica

 

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