Montanelli e quello sfruttamento sessuale mai finito

di Enrico Casale
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Buttare giù la statua dedicata a Indro Montanelli? Perché? Che cosa ha spinto i Sentinelli a fare questa proposta? Esistono ancora forme di sfruttamento sessuale delle donne africane da parte di uomini occidentali?

Nel 1936, Indro Montanelli, che sarebbe diventato uno dei più famosi giornalisti italiani, venne inviato nel Corno d’Africa per combattere nella campagna d’Etiopia. Giovane ufficiale venne messo al comando di un battaglione di eritrei. Allora gli alti comandi italiani tolleravano che i soldati indigeni venissero accompagnati dalle loro mogli o compagne. Montanelli si adeguò e «comperò» una ragazzina di 12 anni che lo seguì nel corso di tutta l’impresa in Abissinia. Al termine della campagna, la ragazza si sposò con un sottufficiale eritreo e con lui ebbe tre figlio, il primo dei quali fu chiamato Indro, come il giornalista. Questa vicenda anni dopo venne riportata alla luce nel corso di una trasmissione televisiva durante la quale Montanelli fu attaccato dalla femminista Elvira Banotti.

La cosa destò scalpore e tuttora desta ripugnanza e condanna. Montanelli però non fu il solo a comportarsi in questo modo. Anzi, fu solo uno dei tantissimi italiani, militari o civili, a prendersi una «moglie» africana. È il fenomeno passato alla storia (anche se per anni dimenticato) del «madamato». Tutto iniziò nel 1870, anno d’invasione del Corno d’Africa. I soldati italiani (e i civili che li seguono) iniziarono a intessere relazioni temporanee con donne native delle terre colonizzate (chiamate madame). Spesso (quasi sempre) non erano relazioni consensuali. Sebbene fosse regolato da norme della tradizione locale che prevedevano una forma di contratto matrimoniale che vincolava i coniugi a una reciprocità di obblighi, gli italiani lo intendevano come libero accesso a prestazioni domestiche e sessuali, senza curarsi troppo dei doveri che l’unione prevedeva.

I soldati erano spinti dai comandi a scegliere spose bambine vergini, anche per arginare la possibilità che essi frequentassero bordelli o case di tolleranza e quindi avessero la possibilità di contrarre malattie veneree. Le bambine venivano strappate alle famiglie. Di fronte allo scandalo di questi rapporti, le autorità coloniali iniziarono a proibire il concubinaggio sostituendolo con la prostituzione organizzata. Un’opera completata dal fascismo che, per evitare che «la razza italiana» si mescolasse con quella «indigena» nel 1937 vietò definitivamente il «madamato» e il fenomeno si arrestò.

Oggi la situazione è cambiata formalmente, nel senso che non esistono più forme di madamato, ma il rapporto, in materia di sfruttamento sessuale, tra occidentali e africani non è mutato. Secondo una recente denuncia della Fondazione Graça Machel, lo sfruttamento sessuale dei bambini è in aumento in Africa e sta colpendo l’intero continente. Nel rapporto «Sexual Exploitation of Children in Africa – A Silent Emergency», pubblicato da African Child Policy Forum (Acpf), si parla, tra gli altri, del Ghana, dove quasi il 40% dei bambini ha subito avances e il 18% ha dichiarato di essere stato stuprato; e del Sudafrica, un bambino su tre è a rischio di abusi sessuali prima dei 17 anni.

«Nonostante le prove di questo problema, molti Paesi africani lo sottovalutano, lo fraintendono o ne ignorano la portata. Lo sfruttamento sessuale dei minori è la silenziosa emergenza dei nostri tempi – affermano i responsabili di Acpf -. Questo fenomeno ha le sue radici nella povertà, nella disuguaglianza e nella discriminazione esacerbate da atteggiamenti patriarcali tradizionali e pratiche culturali come il matrimonio infantile e il trattamento dei bambini come proprietà».

L’Africa sta rapidamente diventando la nuova frontiera dello sfruttamento sessuale dei minori online, ma la legislazione e le misure di protezione dei minori non riescono a tenere il passo, è scritto nel rapporto. Ma è il turismo sessuale la minaccia più grande. «L’aumento del turismo sessuale è un’altra tendenza preoccupante. Le leggi che regolano lo sfruttamento sessuale nei viaggi e nel turismo in Africa sono deboli o inesistenti – è scritto nel rapporto -. Questo dà libero sfogo ai criminali intenzionati a sfruttare sessualmente i bambini. Il 90% dei turisti sessuali sono uomini, statunitensi, britannici, italiani, tedeschi, canadesi, coreani e cinesi, che prendono di mira Paesi con leggi deboli o poco applicate come il Sudafrica, la Nigeria, l’Etiopia, la Somalia, l’Uganda, la Tanzania, Kenya, Ruanda e Sudan». Ormai anche le donne occidentali (italiane comprese) iniziano a frequentare le mete turistiche in cerca di compagnia maschile. Come hanno testimoniato i film  «Verso il Sud», con Charlotte Rampling (2005) e «Paradise: love» (2011).

«I progressi nella lotta contro lo sfruttamento sessuale rimangono terribilmente lenti e inadeguati – concludono i ricercatori -. I governi africani devono approvare urgentemente leggi che definiscono e vietano esplicitamente lo sfruttamento sessuale, che riconoscono i ragazzi come vittime dello sfruttamento sessuale e che vietano il turismo sessuale minorile e lo sfruttamento online». Oggi come allora, l’Africa è una preda.

(Tesfaie Gebremariam)

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