Il cane africano che non abbaia

di claudia

di Irene Fornasiero

I basenji sono cani di una razza originaria delle boscaglie della Rd Congo e del Sud Sudan. In Europa sono sempre più ricercati. Ma è un animale impegnativo, dal carattere forte, indipendente. E tanta voglia di correre

Ha l’aspetto fiero e il portamento elegante. Un carattere forte, indipendente, a tratti non facile. Nel cuore dell’Africa, sua culla di origine, è conosciuto come il “cane dei selvaggi” o il “cane dei cespugli”. Stiamo parlando del basenji (“indigeno” in lingua lingala), un cane di piccola-media taglia oggi diffuso anche in Europa.

La storia di questo animale si perde nei secoli. La sua immagine compare per la prima volta nei graffiti dell’Antico Egitto, dove pare prosperasse ai tempi di Cleopatra. Lo si credeva completamente estinto, ma gli inglesi colonizzando l’Africa lo riscoprirono a metà dell’Ottocento nelle boscaglie dell’Africa centrale. Le tribù pigmee ne sfruttavano per la caccia l’eccellente vista, la velocità e silenziosità. Anche i popoli azande del Sud Sudan e mangbetu della repubblica Democratica del Congo nord-orientale lo avevano addomesticato. In Italia, dove è sempre più richiesto, un esemplare viene venduto a 1.200-1.500 euro. Malgrado sia un cane impegnativo. Non è adatto a persone sedentarie né a chi trascorra fuori casa gran parte della giornata, poiché non ama stare da solo e necessita di lunghe passeggiate per scaricare la sua energia. Ovviamente preferisce muoversi per i campi e i boschi – se potesse, tornerebbe a correre nelle savane – che non vivere in appartamento.

Benché molto intelligente, la sua educazione richiede impegno e pazienza. Per via della spiccata personalità. Non è particolarmente adatto ai bambini, non ama molto gli abbracci, non è granché socievole e sopporta a malapena i giochi, ma sa essere affettuoso con gli adulti. Il suo atteggiamento con gli sconosciuti è, con qualche eccezione, quello dell’indifferenza, senza però mostrare aggressività. Viene anche detto “il cane che non abbaia”, per via del suo verso più simile a una sorta di incrocio tra una risata e uno jodel tirolese. Vuole una leggenda africana che il basenji non abbai perché ha scelto di tenere i propri pensieri per sé.

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