In Cina chiude la mostra che accostava gli africani agli animali

di Enrico Casale
mostra fotografica razzista in Cina

Arte? Razzismo? Opere che vogliono provocare? Non si sa, ma la mostra del fotografo cinese Yu Huiping che accostava i volti di uomini, donne e bambini africani ad animali è stata chiusa dopo aver sollevato polemiche in tutto il mondo.

L’esposizione era stata inaugurata il 28 settembre all’Hubei Provincial Museum di Wuhan in occasione della Settimana d’Oro, festa nazionale nel Paese asiatico. Secondo un blog locale Shangaiist, nell’esposizione «This is Africa», il fotografo avrebbe come obiettivo quello di dare ai visitatori «il senso della vita primitiva» in Africa attraverso la raffigurazione di esseri umani, animali e natura. Hiping, secondo quanto riporta il sito it.euronews.com, oltre a essere un appassionato del continente africano e dello stile naturalistico, è il vice-presidente dell’associazione fotografi di Hubei, provincia centrale della Repubblica Popolare Cinese. Ha battezzato la mostra in questione con l’espressione cinese: «L’apparenza esteriore segue la realtà interiore».

Probabilmente le sue intenzioni non erano razziste. Ma non tutti la pensano così. Edward E. Duke, un visitatore nigeriano, ha postato su Instagram, la piattaforma fotografica su Internet, un video con il titolo: «Il museo del capitale di Wuhan, Cina, ha esposto immagini in cui si vedono volti di una razza accanto ad animali selvatici, perché? Sono una razza umana inferiore?». Contestualmente ha taggato tante emittenti internazionali. Il video è diventato virale e ha creato scalpore. Così tanto scalpore che gli organizzatori sono stati costretti a chiudere la mostra.

Il caso segue quello della pubblicità su Facebook della nota marca Dove, in cui una modella nera diventa bianca dopo aver usato il bagnoschiuma in questione. La réclame ha creato sdegno e in molti hanno criticato il brand di bellezza sui social network. Dove si è scusata per la campagna dicendo che le immagini «non sono state efficaci nel rappresentare le donne di colore con il dovuto rispetto».

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