Hic Sunt Resistentes, il documentario che invoca giustizia climatica

di Valentina Milani

Il 27 settembre gli studenti del movimento Fridays for Future manifesteranno in più città italiane per chiedere alle istituzioni di affrontare seriamente il cambiamento climatico.

Ad aderire alla manifestazione è anche l’associazione LVIA divulgando il documentario interattivo “HIC SUNT RESISTENTES”(media.lvia.it/hic-sunt-resistentes): un racconto delle comunità che cercano nuove vie per affrontare sfide quotidiane sempre più connesse ai cambiamenti climatici. Un documentario che racconta di comunità, cambiamenti e giustizia climatica.

Il titolo si ispira alla locuzione “Hic sunt leones”, segnata sulle carte antiche per denominare zone inesplorate dell’Africa. Qui esploriamo la regione Afar dell’Etiopia insieme ai pastori nomadi che la abitano. Una terra polverosa, dal paesaggio lunare, dove 3 milioni di anni fa iniziava la storia della specie umana.

“Qui ci sono i resistenti” è un documentario che ci porta tra le comunità italiane e dell’Afar, con cui l’associazione LVIA coopera per mitigare la povertà, i conflitti e altri effe tti di cui i cambiamenti climatici sono una concausa.  (lvia.it/2019/09/09/in-afar-con-lvia)

Il webdoc, realizzato da Sara Scarati, è stato prodotto nell’ambito del progetto “Escape4Change: per capire e agire contro il cambiamento climatico” promosso dalle associazioni LVIA ed Eufemia, la collaborazione della Fondazione La Stampa – Specchio dei Temi ed il contributo dell’Unione Europea attraverso il Consorzio delle Ong Piemontesi, nell’ambito del progetto “Frame, Voice, Report” .

Perché il documentario? “Riteniamo fondamentale portare all’attenzione dell’opinione pubblica il tema della Giustizia Climatica. Perché è vero che i cambiamenti climatici ci toccano tutti, ma non allo stesso modo. Anzi, sovente chi ha una piccola “impronta ecologica” paga le maggiori conseguenze perché ha meno possibilità di affrontarne gli impatti. Dobbiamo attivarci per cambiare gli attuali modelli di produzione e consumo. Ormai abbiamo raggiunto il limite di 1,5 gradi di aumento della temperatura terrestre. Solo pochi anni fa, alla Conferenza di Parigi del 2015, gli Stati si erano impegnati a non superare tale limite. D’altro canto dobbiamo supportare chi già sta pagando gli effetti peggiori e spesso è costretto a lasciare la propria terra. Nel nostro impegno in molti paesi africani possiamo testimoniare quanto il cambiamento climatico stia incidendo sulle condizioni di vita delle persone più povere del Pianeta”, afferma Alessandro Bobba, presidente di LVIA, associazione di solidarietà e cooperazione internazionale impegnata con progetti in Italia e in 10 paesi africani.

I dati del 2018 (dal Bilancio sociale di LVIA) documentano che l’attività dell’associazione con i tanti partner locali e internazionali ha migliorato le condizioni di vita di 580.700 persone che vivono in condizioni di vulnerabilità e di povertà estrema. “In molte di queste aree le piogge sono sempre più scarse – continua Bobba. – Le popolazioni dell’Afar ad esempio stanno pagando le conseguenze di quattro anni di siccità, dal 2014 al 2018, che ha visto il suo culmine nel 2016, quando ha colpito 10 milioni di persone in Etiopia: il più grave evento climatico degli ultimi 30 anni”.

Cosa significa cambiamenti climatici per il popolo Afar? Un emblema delle difficoltà vissute da tanti popoli vulnerabili
In questi quattro anni di siccità, il livello delle falde e dei fiumi è drasticamente diminuito e oggi solo due persone su dieci hanno accesso all’acqua.

Sono diminuiti i pascoli e 800mila animali sono morti. La disponibilità di carne e latte, alla base dell’alimentazione dei pastori, nei periodi peggiori si è quasi ridotta a zero. I prezzi di alimenti base, come la farina, sono aumentati a causa della scarsa disponibilità sui mercati locali. Le popolazioni si sono impoverire ulteriormente e molte versano in condizioni di povertà estrema. E poi ci sono le migrazioni: molte famiglie si spostano all’interno della regione per vivere vicino ad una fonte d’acqua e al pascolo per gli animali e di conseguenza si inaspriscono i conflitti per poter utilizzare queste risorse naturali sempre più scarse. Così nascono molte migrazioni internazionali e si arriva a parlare, ormai in modo diffuso nella dottrina internazionale, di migrazioni ambientali.

Come si adopera la popolazione locale per far fronte a queste difficoltà? E qual è il contributo della cooperazione internazionale? Per rispondere a queste domande, il documentario Hic sunt resistentes dà voce ai “resistenti”, ai pastori locali. E agli operatori di LVIA e dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, presenti in quest’area per supportare le popolazioni e istituzioni locali a mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici sviluppando “resilienza”.

In questi quattro anni di impegno, le attività promosse da LVIA, che hanno visto – oltre che il sostegno di donatori internazionali come Unione Europea, ECHO e AICS – il supporto di tanti cittadini, hanno permesso a 50mila persone di avere l’acqua, grazie ai pozzi costruiti o riabilitati e oggi gestiti dalle comunità stesse grazie alla formazione ricevuta. Inoltre, 170mila animali sono stati vaccinati, 400 famiglie hanno ricostituito le mandrie perdute e 200 persone della comunità sono state formate come veterinari di base. 50 ettari di terra sono stati recuperati e sono gestiti dalle comunità e 3 mila persone coltivano questa terra di nuovo fertile.

Il webdoc Hic Sunt Resistentes racconta l’impegno caparbio di tante persone in Afar che cercano, nonostante le difficoltà, di continuare a vivere sulla prioria terra.

Le foto, del fotografo Simone Migliaro, sono parte della mostra fotografica “Afar: dove i sogni e la terra bruciano” realizzata nell’ambito del progetto “Escape4Change. Per capire e agire contro il cambiamento climatico”
I video sono di Tommaso Montaldo, realizzati nell’ambito dello stesso progetto.

www.lvia.it

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