Dopo ebola e covid, in Rd Congo arriva la peste

di Enrico Casale
operatori sanitari

Almeno 30 persone sarebbero morte a causa di varie forme di peste in Ituri (Rd Congo) negli ultimi dodici mesi. In totale sono stati individuati più di 500 casi nello stesso periodo. A denunciarlo è Patrick Karamur, il ministro provinciale della Salute, che, secondo quanto riporta l’agenzia France Presse, avrebbe indicato che la maggior parte dei casi sono di peste bubbonica. Vengono segnalati anche casi di peste polmonare. Sono interessati i territori di Djugu, Mahagi e Aru.

Secondo il ministro provinciale della Salute dello Ituri, sarebbero stati segnalati casi in 8 zone sanitarie ma soprattutto a Biringi, nel territorio di Aru. Sarebbe un ex focolaio della malattia che si è riattivato in particolare su un raggio di circa 70 chilometri.

Le equipe mediche locali utilizzerebbero le motociclette per la ricerca attiva di casi, operazioni delicate in queste zone lontane dal capoluogo del territorio. Ma i loro interventi avrebbero diverse difficoltà. Gli agenti sanitari a volte non possederebbero indumenti protettivi mentre sarebbero responsabili di garantire l’isolamento dei malati, la disinfezione delle case e le sepolture sicure.

Secondo la France Presse, il ministro segnalerebbe anche difficoltà di analisi: i campioni prelevati si deteriorerebbero ancor prima del loro arrivo in laboratorio, a causa in particolare di problemi di conservazione durante il trasporto.

Una delle paure è la possibilità di diffusione della malattia. Infatti, più di 10.000 rifugiati sudsudanesi vivono vicino alla zona sanitaria di Biringi. Altro motivo di preoccupazione: i massicci spostamenti di popolazioni, in particolare dal territorio di Djugu, in preda alla violenza armata. Il National Biomedical Research Institute (INRB) afferma di essere a conoscenza della situazione e promette di inviare esperti da Kinshasa nell’area.

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