24/10/14 – Tunisia – Sangue sul voto, massima incertezza su esito

di AFRICA

 

A 48 ore dal voto di domenica, le forze dell’ordine tunisine hanno assaltato la casa alla periferia di Tunisi dove si erano asserragliati da giovedì alcuni uomini armati: un blitz che si è concluso con un bilancio di 6 morti, tra cui 5 donne.

Una strage che rende più reali che mai i timori sulla minaccia terroristica nel Paese e rischia di segnare la consultazione di domenica, dove cinque milioni di tunisini sono chiamati ad eleggere con il metodo proporzionale i 217 membri del Parlamento, in base alla nuova Costituzione. Gli elettori potranno scegliere i loro rappresentanti tra migliaia di candidati delle 1327 liste, sparse in 33 circoscrizioni, di cui 6 all’estero. Questi i dati certi, ad essere del tutto incerti sono invece i risultati, che il divieto di pubblicazione dei sondaggi nel periodo di campagna elettorale, rende ancor più difficile immaginare.

Il voto del 26 ottobre avviene a tre anni dalla tornata elettorale precedente ma si svolge in un clima di disincanto, diametralmente opposto a quello di entusiasmo di quei giorni, al quale bisogna ora aggiungere il senso di insicurezza generato dalle notizie del massacro nel sobborgo di Oued Ellil.

Le elezioni del 2011 sancirono la vittoria del fronte composto dal partito islamico di maggioranza Ennhadha e dai due partiti liberali Ettakatol e Congresso per la Repubblica che governarono il paese nella fase transitoria con il nome di Troika. Ad Al-Massar, Partito Repubblicano e Fronte popolare toccò il compito dell’opposizione, fondamentale per rappresentare gli interessi di quella parte della società tunisina “laica”. Ma si dimostrò debole e frammentata. Per colmare questa lacuna e creare una forza alternativa di centro, nel giugno 2012, il veterano della politica Beji Caid Essebsi ha creato Nidaa Tounes. In tal modo il panorama politico tunisino, che all’inizio della transizione contava centinaia di nuovi partiti, si è assestato attorno a due poli maggioritari: uno, della Troika, portavoce dei valori islamico-tradizionali, e l’altro, rappresentato da Nidaa e dai suoi affiliati, espressione di un nazionalismo che si rifà alla tradizione del riformismo tunisino e al padre della patria Habib Bourghiba.

Gli insuccessi sul piano economico, l’insorgere del pericolo terrorismo, l’uccisione di due deputati della sinistra popolare (Chokri Belaid e Mohamed Brahmi) per mano di alcune formazioni salafite, minarono a tal punto la capacità di governo di Ennhadha che fu costretta ad accettare, nel settembre 2013, di lasciare il potere all’esecutivo tecnico di Mehdi Jomaa. Queste vicende tuttavia non impedirono di compiere il primo passo verso la realizzazione della transizione democratica ovvero la promulgazione della Costituzione il 27 gennaio 2014.

Lo scenario che si trova di fronte l’elettore oggi è in gran parte simile a quello del 2011, con moltissimi partiti, relativo rischio di dispersione di voti e una maggior probabilità di bassa affluenza alle urne ma è caratterizzato da un accentuato bipolarismo attorno ai due piu’ grandi partiti, Ennhadha e Nidaa Tounes. Il voto di domenica indicherà chi tra i due governerà la Tunisia per i prossimi cinque anni.

Durante la campagna elettorale Essebsi, leader di Nidaa, ha escluso ogni possibile alleanza con Ennhadha, sottolineando la visione moderna della società del suo partito rispetto a quella antiquata del partito islamico. Ghannouchi ha sempre dichiarato che il suo partito non ha bisogno di lezioni in materia di democrazia, Islam o libertà, ed ha invece basato la sua campagna sul “consenso” come elemento fondamentale per governare il Paese. Arrivare primi nelle preferenze degli elettori è fondamentale perché la nuova Costituzione premia il partito di maggioranza con il diritto di nominare il capo del prossimo governo. Se Essebsi, secondo molti, è il principale favorito al Palazzo di Cartagine, Ennhadha ha preferito puntare tutto sulle legislative scegliendo di non presentare nessun candidato alle presidenziali.(ANSAmed).

 

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