«Debra Libanos», un docu-film getta luce su una vergogna italiana

di Enrico Casale
Il monastero di Debra Libanos
Rodolfo Graziani mostra le ferite effetto dell'attentato al Palazzo del Governo ad Addis Abeba

Rodolfo Graziani mostra le ferite effetto dell’attentato al Palazzo del Governo ad Addis Abeba

Se chiedete a un italiano che cosa è avvenuto nel 1937 a Debra Libanos, quasi certamente non vi risponderà. Molti non saprebbero neppure dire dove si trova Debra Libanos. Il loro silenzio è il segno di come nel nostro Paese si conosca poco la storia, soprattutto quella coloniale, e di come una parte di essa (quella meno presentabile) sia stata rimossa. Debra Libanos è una delle pagine più vergognose della storia italiana. Dal 21 al 29 maggio, soldati del nostro esercito sterminarono centinaia di monaci, preti e pellegrini ortodossi (tutti ovviamente disarmati) radunati nel monastero etiope di Debra Libanos. Su questi fatti, nell’ottantesimo della conquista italiana dell’Etiopia, è stata fatta nuova luce grazie al docu-film «Debra Libanos», girato da Antonello Carvigliani, che sarà messo in onda su Tv2000 oggi 21 maggio (ore 21) e domani 22 maggio (ore 18,30).

Ma che cosa accadde realmente a Debra Libanos? Per capirlo bisogna tornare non al maggio, ma a febbraio del 1937. In quei giorni, due giovani eritrei Abraham Debotch e Mogus Asghedom, lanciano, nel cortile del palazzo del Governo ad Addis Abeba, alcune bombe contro il Vicerè Rodolfo Graziani. Nell’attentato muoiono sette persone e lo stesso Graziani viene ferito alle gambe. I due attentatori fuggono verso Nord, in direzione del monastero copto ortodosso di Debra Libanos. Questo, oltre a essere un importante centro religioso, è il punto di riferimento della resistenza etiope all’occupazione italiana. Graziani fa mettere a ferro e fuoco la capitale. Moriranno centinaia di etiopi e migliaia saranno percossi, violentati e torturati dagli italiani.

Il generale Pietro Maletti

Il generale Pietro Maletti

Graziani però non ritiene che la vendetta sia compiuta. Prende a pretesto le voci che gli attentatori sono nascosti a Debra Libanos e decide di chiudere il conto con quel «covo di sovversivi» e con la Chiesa copta ortodossa. Il Vicerè ordina al generale Pietro Maletti, comandante della 2a Brigata indigeni dell’Eritrea di muovere contro la cittadella santa (Maletti è il padre di Gianadelio Maletti, l’ex numero due dei servizi segreti italiani che nel 1981 viene condannato per i depistaggi sulla strage di Piazza Fontana).

Il 18 maggio 1937, Pietro Maletti e i suoi uomini arrivano a Debra Libanos e circondano il monastero. Lasciano entrare i pellegrini che stanno giungendo per celebrare festa di San Mikael e la ricorrenza della traslazione delle spoglie di San Tekle Haymanot, ma non lasciano uscire nessuno. Il 21 maggio inizia la mattanza. I soldati italiani sparano con le mitragliatrici contro religiosi e laici. Ad oggi, il numero delle vittime è sconosciuto. Graziani, nel suo rapporto a Mussolini, parlerà di «solo» 449 morti. Secondo studi indipendenti, il numero delle vittime sarebbe tra i 1.800 e i 2.200. Tra essi il vescovo abuna Petros.

Il monastero di Debra Libanos

Il monastero di Debra Libanos ai tempi della strage

Nel documentario di Antonello Carvigliani si riporta la testimonianza di Aro Zewewde Geberu, l’ultimo sopravvissuto, oggi ultra novantenne: «All’epoca avevo 15 anni. Non ho visto il massacro, ma l’ho sentito. Ho sentito i colpi di mitragliatrice. Abbiamo avuto paura e siamo rimasti nel nostro villaggio. Dopo due-tre giorni sono andato a vedere. C’erano ancora centinaia di corpi».

Compiuta la strage, i militari se ne vanno. Sulla vicenda scende l’oblio. Ma oggi il docu-film toglie il velo su una delle vergogne dell’Italia coloniale.

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