Sudan, altri morti nelle proteste

di Enrico Casale
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In Sudan, una grande folla è scesa in piazza per manifestare contro il Consiglio militare di transizione. Negli scontri tra i manifestanti e le forze dell’ordine si sarebbero registrate, secondo l’agenzia di stampa statale, almeno sette vittime e 181 feriti. Il Comitato dei medici sudanesi, formazione vicino all’opposizione, ha parlato di almeno cinque manifestanti uccisi.

Il Sudan sta vivendo una stagione di forte instabilità da quando, in aprile, è stato deposto il presidente Omar al-Bashir, che era al potere dal 30 giugno 1989. La manifestazione di ieri è stata la più grande organizzata dal 3 giugno, cioè da quando decine di persone sono state uccise in un’azione di forte repressione da parte delle forze di sicurezza. Migliaia di persone hanno sfidato la forte presenza di truppe per chiedere che il Consiglio militare al governo si faccia da parte e consegni il potere a un’amministrazione civile.

Il Comitato centrale dei medici Sudan ha detto che quattro persone sono state uccise a Omdurman, città gemella di Khartoum, mentre un manifestante è morto dopo essere stato colpito da una pallottola al petto ad Atbara. «Ci sono molti feriti colpiti dai proiettili dalle milizie che fanno capo al Consiglio militare. Molti sono ricoverati negli ospedali della capitale e delle province», sostengono i medici.

Il vice capo del Consiglio militare di transizione, generale Mohamed Hamdan Dagalo, ha dichiarato: «Cecchini hanno sparato sulle persone, hanno colpito tre membri della Rapid support force e cinque o sei cittadini. Ci sono infiltrati, persone che vogliono mettere a repentaglio i progressi compiuti nella fase di transizione».

Le forze di sicurezza hanno sparato gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti nella zona vicino al palazzo presidenziale e in altri distretti di Khartoum. Gas lacrimogeni sono stati sparati anche a Omdurman e nella città orientale di Gadaref.

«Abbiamo protestato per i martiri del sit-in del 3 giugno – hanno dichiarato all’Afp alcuni manifestanti –. Vogliamo uno Stato civile che garantisca la nostra libertà, vogliamo liberarci della dittatura militare».

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