Prezzi del grano alle stelle, le risposte alternative dell’Africa

di claudia

di Maria Scaffidi 

Il conflitto in Ucraina, le sanzioni contro la Russia, gli effetti ancora presenti della pandemia hanno fatto schizzare così in alto i prezzi del grano che diversi Paesi africani hanno già cominciato a cercare alternative, eliminando tout court il grano dalla loro dieta.

Ne parla in un suo lungo articolo Bloomberg riferendo di come i produttori di Kenya, Egitto, Repubblica democratica del Congo, Nigeria e Camerun stanno già utilizzando alternative più economiche per la panificazione, i dolci e la pasta. Così al posto del grano si sta usando il riso locale, la farina di manioca e il sorgo. 

Sono tutte colture locali, quindi meno esposte alle interruzioni del commercio internazionale e all’inflazione globale, che offrono una certa protezione a fronte di prezzi alimentari record. 

Il Kenya importava circa il 44% del suo grano dalla regione del Mar Nero, e l’aumento dei prezzi ha contribuito ad alimentare l’inflazione al 6,5% in aprile. Unga Group, produttore con sede a Nairobi della farina di grano di marca Exe e della farina di mais Jogoo, sta vedendo uno spostamento delle vendite verso la sua linea Amana di riso e legumi, riferisce ancora Bloomberg. “C’è un’impennata nel prezzo del mais e del grano che spinge i consumatori verso altre alternative”, ha detto il direttore generale Joseph Choge. “Le vendite di legumi e riso stanno crescendo, mentre il grano sta scendendo”.

L’Egitto, il più grande acquirente di grano in Africa, con più dell’80% delle importazioni provenienti da Ucraina e Russia, è in ritardo del 13% rispetto all’anno scorso. Di fronte a questo tipo di pressione, il produttore di pasta Egyptian Swiss Group sta sperimentando nuove ricette utilizzando riso, mais e farina di lenticchie. Nestlé Nigeria, produttore di Golden Morn, sta introducendo più colture prodotte localmente nella sua linea includendo il sorgo e la soia.

Nella Repubblica democratica del Congo, il governo ha approvato un programma che sostiene la produzione di farina di manioca per fare pane e dolci. Questo potrebbe aiutare il Paese a ridurre la sua dipendenza dal grano importato, che costa circa 87 milioni di dollari all’anno, ha detto il ministro dell’industria Julien Paluku.

Il Camerun importa circa 1 milione di tonnellate di grano all’anno, collocandosi tra i primi 10 acquirenti dell’Africa subsahariana. Il calo della produzione interna lo ha spinto a sospendere le esportazioni di farina di grano, riso e cereali verso i Paesi vicini. La mossa è arrivata dopo che il governo ha aumentato i prezzi del pane del 20% a marzo. In risposta, alcune aziende alimentari stanno facendo perno sulle patate. 

Insomma, a fronte degli effetti di un conflitto che si combatte in Europa ma che sta avendo riflessi in tutto il mondo, l’Africa sta trovando soluzioni locali e provando a trarre lezioni come per la pandemia. Se in quel caso era stata l’interruzione delle filiere a colpire anche il continente e a far capire la forza che si potrebbe trarre dalla costruzione di catene di valore ancorate localmente, ora sono i prezzi alle stelle a spingere ancora una volta a trovare soluzioni interne e africane.

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