Libia | «Haftar sta tentando un golpe»

di Enrico Casale
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«Un colpo di Stato» così l’Alto Consiglio di Stato libico (Hsc), una sorta di senato insediato a Tripoli, ha definito le parole di Khalifa Haftar, l’uomo forte di Bengasi, che lunedì aveva dichiarato di «aver ricevuto un mandato popolare per governare la Libia».

«Le dichiarazioni di  Haftar – hanno detto i membri dell’Hsc -, rappresentano un putsch contro la via democratica, non sono nuove ma sono una prosecuzione dei suoi falliti tentativi di golpe e servono a coprire le sue ripetute sconfitte». Secondo quanto riporta il sito AnsaMed.info, l’Hsc,   confermando il proprio «attaccamento all’accordo politico inter-libico», «si appella ai parlamentari a riunirsi per la ripresa del dialogo politico».

Il «senato» libico dichiara inoltre «la necessità di annientare il piano di putsch militare e di confermare che l’unico mezzo di governare la Libia passa per le elezioni» e chiede «alla comunità internazionale con l’Onu alla sua testa» di «assumersi le proprie responsabilità politiche e morali e a respingere questa assurdità che il criminale di guerra  Haftar sta compiendo».

«In Libia seguiamo con grande preoccupazione gli sviluppi e chiediamo da tempo agli attori di fermare i combattimenti e avviare un processo politico. In particolare le ultime dichiarazioni del generale Khalifa Haftar e ogni tentativo a spingere verso soluzioni unilaterali, anche con la forza, non porteranno mai a una soluzione sostenibile per il Paese e non possono essere accettati». Così Peter Stano il portavoce dell’Alto rappresentante Ue Josep Borrell.

«Serve una soluzione politica inclusiva sotto l’egida dell’Onu – ha aggiunto Stano – per questo chiediamo da tempo che gli attori e i partner si impegnino a tornare ai negoziati il prima possibile per presentare una proposta che ponga fine al conflitto nel contesto del modello del processo politico di Berlino».

In Libia, da un anno è in corso una offensiva da parte di Khalifa Haftar contro Tripoli, la capitale retta dal rivale il premier Fayez al-Sarraj. Da qualche mese, gli scontri si sono intensificati per effetto anche dell’arrivo sul teatro delle operazioni di quantità enormi di armamenti. Questi ultimi sono stati inviati ad Haftar da Russia, Arabia Saudita ed Emirati arabi uniti, a al-Sarraj da Qatar e Turchia (quest’ultima ha inviato anche numerosi mercenari siriani).

Su questo tema, l’inviata dell’Onu Stephanie Williams ha lanciato un allarme: «La Libia sta diventando un campo di sperimentazione per nuovi sistemi d’arma». Violando l’embargo delle Nazioni Unite, in queste ore starebbero arrivando armi che ancora non erano state sperimentate in Libia. La Williams ha citato esplicitamente il caso dell’Rpo-A: «È il lanciafiamme/lanciagranate (di fabbricazione russa), una sorta di sistema termobarico che è stato schierato alla periferia meridionale di Tripoli». Lo RPO-A è sostanzialmente un lanciagranate che invece di sparare bombe esplosive lancia ordigni incendiari che agiscono come lanciafiamme a lunga distanza.

Il secondo tipo di armi distruttive citate dalla Williams sono i droni-kamikaze: «Ci sono nuovi droni che stanno arrivando, incluso un tipo che sostanzialmente è un drone-sucida, che esplode al suo impatto a terra. Sono solo due esempi di armi schierate in contesto urbano (alla periferia di Tripoli, ndr) che sono totalmente inaccettabili”.

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