La manodopera africana nei Paesi del Golfo tra sfruttamento e Covid

di claudia
migranti lavoratori

Di Luigi LimoneCentro studi AMIStaDeS

Il numero di lavoratori migranti provenienti da diversi Paesi dell’Africa sub-sahariana impiegati nei Paesi del Golfo è in aumento. La pandemia di Covid-19 ha enfatizzato le loro vulnerabilità allo sfruttamento, agli abusi e alle gravi violazioni di diritti umani. L’Unione africana invita e alla negoziazione di accordi bilaterali per la tutela dei diritti dei lavoratori migranti, mentre le organizzazioni della diaspora tentano di inserirsi là dove gli Stati non riescono o non vogliono arrivare.

I Paesi del Golfo come destinazione dei flussi di lavoratori migranti

I lavoratori migranti nei Paesi del Golfo costituiscono una parte significativa della forza lavoro e una buona percentuale della popolazione totale lavorativamente attiva. Le stime dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) mostrano che il 13,9% del totale dei lavoratori migranti internazionali è impiegato nei Paesi del Golfo. Si tratta di lavoratori migranti sia altamente che scarsamente qualificati, i quali contribuiscono in maniera significativa allo sviluppo economico dei rispettivi Paesi di destinazione nell’area del Golfo e forniscono la manodopera necessaria nei settori dell’edilizia, delle infrastrutture e dei servizi. L’occupazione nel mercato del lavoro di questi Paesi si basa prevalentemente su ruoli di genere: i lavoratori maschi sono impiegati nel settore delle costruzioni e in ruoli domestici, come autisti, giardinieri e addetti alle pulizie; le donne, invece, lavorano soprattutto come collaboratrici domestiche addette alle pulizie e alla cucina.

La maggior parte dei lavoratori migranti proviene dall’Africa e dell’Asia. Da diversi anni, è in crescita il numero dilavoratori africani migranti nei Paesi del Golfo. Diversi fattori sono alla base di tale aumento, tra cui l’elevata disponibilità di posti di lavoro e retribuzioni relativamente alte rispetto ai salari nei Paesi di origine. La scelta dei migranti può anche essere basata su inganni e disinformazione, con vere e proprie agenzie di reclutamento che, nel tempo, si sono sviluppate e specializzate nel trasporto di manodopera a basso costo dai Paesi africani ai Paesi del Golfo.

Composizione e tipologia dei flussi dal continente africano

I Paesi africani, rispetto a quelli asiatici, sono un nuovo attore nell’invio di lavoratori migranti verso i Paesi del Golfo. Per ragioni storiche e di prossimità geografica, i Paesi del Corno d’Africa, in particolare l’Etiopia e la Somalia, hanno preceduto gli altri Stati dell’Africa sub-sahariana nell’invio di lavoratori migranti verso i Paesi del Golfo. Nel tempo, le elevate opportunità di impiego, unite a promesse di retribuzioni più alte rispetto ai Paesi di origine e agli alti tassi di disoccupazione nei Paesi africani, hanno attirato l’attenzione delle popolazioni dell’Africa occidentale. L’Unione africana stima che oltre 3 milioni di africani vivono nei Paesi del Golfo, una cifra che rappresenta circa il 12% del totale della forza lavoro, prevalentemente straniera, presente nell’area. La maggior parte dei lavoratori migranti africani nei Paesi del Golfo proviene da Etiopia, Eritrea, Somalia, Uganda e Kenya. A questi si aggiungono due Paesi dell’Africa occidentale: Nigeria e Ghana. I lavoratori migranti africani sono impiegati soprattutto in Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Kuwait. Buona parte di essi risulta essere poco qualificata e impiegata nel lavoro domestico e nell’edilizia.

La maggior parte dei lavoratori migranti africani si avvale di agenzie di collocamento private per trovare un impiego nei Paesi di destinazione. Nei principali Paesi di origine africani sta infatti crescendo il numero di agenzie che lavorano direttamente con le controparti nel Golfo. Questa tendenza rappresenta un riflesso delle mutate esigenze del mercato del lavoro e del panorama di reclutamento contemporaneo, che espone in alcuni casi i migranti a reti di sfruttatori e veri e propri traffici di esseri umani.

Sfruttamenti e abusi: il sistema della “kafala”

La sfida della migrazione di lavoratori africani, soprattutto quelli scarsamente qualificati, verso i Paesi del Golfo è rappresentata dalla prevalenza di casi di sfruttamento, abuso e gravi violazioni dei diritti umani. Forme di maltrattamento sono particolarmente frequenti e ampiamente documentate in Arabia Saudita, Qatar e Kuwait e, in misura minore, negli altri Paesi del Golfo. In questi Paesi, i quadri giuridici e istituzionali a tutela dei lavoratori migranti presentano numerose lacune, creando condizioni favorevoli per lo sfruttamento e l’abuso da parte dei datori di lavoro. In particolare, le diverse forme di sfruttamento lavorativo sono giustificate dal sistema della “kafala”, un istituto di diritto islamico nato per tutelare i minori orfani, abbandonati o privi di un ambiente familiare, che garantisce a un adulto o una coppia di adulti di poter prendere in affidamento un minore che non sia stato possibile affidare alle cure parentali. La “kafala” conferisce all’affidatario un potere-dovere di custodia ma non la tutela o la rappresentanza legale del minore.

Nella sua attuazione pratica, il sistema della “kafala” è intrecciato alla legiferazione in campo di immigrazione e rappresenta un sistema di sponsorizzazione del lavoratore previsto e regolato a tutti gli effetti dal diritto islamico. L’istituto regola il rapporto tra lo sponsor e l’ospite (kafīl) oppure tra il datore di lavoro e il lavoratore migrante che viene riceve l’impiego. Diffuso nei Paesi del Golfo e in alcuni Paesi del Medio Oriente, in particolare Libano e Giordania, questo sistema di sponsorizzazione guidato dal datore di lavoro, il quale sulla carta dovrebbe garantire la responsabilità della vita, della sicurezza e della protezione del lavoratore migrante, si è trasformato in un sistema di dipendenza strutturale che conferisce al primo un significativo potere legale ed economico sul secondo. Questa dinamica di potere ineguale contribuisce a situazioni di abuso e pratiche assimilabili alla schiavitù e alla tratta di esseri umani.

Tra le situazioni maggiormente denunciate, vi è quella delle collaboratrici domestiche e dei lavoratori migranti impiegati nel settore delle costruzioni e dell’edilizia. Ne è un esempio il caso, ampiamente denunciato negli ultimi mesi, dei lavoratori migranti impiegati nella costruzione degli stadi necessari per lo svolgimento dei mondiali di calcio in Qatar, alcuni dei quali addirittura deceduti a causa delle condizioni di lavoro inumane o delle mancate tutele.

Gli effetti del Covid-19

La pandemia di Covid-19 ha peggiorato le condizioni di vita e di lavoro dei migranti nei Paesi del Golfo, con gravi conseguenze soprattutto per la manodopera a basso costo e scarsamente qualificata proveniente dall’Africa. I lavoratori migranti, soprattutto coloro impiegati nell’edilizia, sono stati esposti a infezioni a causa delle condizioni di vita insalubri in alloggi sovraffollati. I datori di lavoro hanno intrapreso azioni molto limitate per garantire la salute e la sicurezza dei propri dipendenti. Ad esempio, i lavoratori del settore edile in Paesi come il Qatar hanno continuato a lavorare senza adeguati dispositivi di protezione personale. Alcuni di loro hanno perso il lavoro, soprattutto quelli impiegati nel settore dei servizi e del turismo, a causa delle misure di blocco. Per i lavoratori domestici, invece, le misure restrittive attuate dai governi hanno comportato un aumento dell’orario di lavoro senza compensazione in termini di retribuzione o adeguato riposo.

In generale, la pandemia ha approfondito le asimmetrie esistenti tra i lavoratori migranti e i loro datori di lavoro, ha esacerbato le lacune nella protezione dei migranti e ha indebolito ulteriormente i diritti dei lavoratori migranti a favore di maggiore sfruttamento e abusi. I Paesi africani di origine hanno intrapreso misure limitate per assistere i propri lavoratori migranti nei Paesi del Golfo. Alcuni, tra cui l’Etiopia, l’Uganda, la Nigeria e il Ghana, hanno effettuato sporadici voli di rimpatrio per i cittadini che desideravano tornare a casa in sicurezza di fronte agli effetti della pandemia. Altri, come il Malawi, non disponendo di accordi bilaterali in materia di protezione dei lavoratori migranti con i Paesi del Golfo, non hanno potuto costringere le autorità dei Paesi ospitanti a adeguarsi agli standard di protezione garantiti ai propri cittadini in patria.

Di fronte alla lentezza dei Paesi d’origine nel rispondere ai bisogni dei propri cittadini, le associazioni dei lavoratori migranti e le organizzazioni della diaspora si sono prese cura dei lavoratori migranti fornendo cibo e alloggio ai più bisognosi. Dal canto suo, l’Unione africana ha invitato tutti i suoi Stati membri a negoziare accordi bilaterali per regolare la migrazione per motivi di lavoro con i Paesi del Golfo al fine di garantire adeguata salute e sicurezza, protezione sociale e altre forme di tutela dei diritti umani e del lavoro ai lavoratori migranti.

Fonti:

-Aimee Lewis, Pramod Acharya and Sugam Pokhare, “Our dreams never came true. These men helped build Qatar’s World Cup, now they are struggling to survive”, CNN, November 2022, https://edition.cnn.com/2022/11/17/football/qatar-2022-world-cup-migrant-workers-human-rights-spt-intl/index.html

-Alexis A. Aronowitz, “Trafficking to the Gulf States’, Global Policy, July 2022, https://www.globalpolicyjournal.com/blog/26/07/2022/trafficking-gulf-states

-Amanda Bisong, “Regional Solutions: Regulating recruitment and protection of African migrant workers in the Gulf and the Middle East”, ECDPM Discussion Paper No. 292, February 2021, https://ecdpm.org/work/regional-solutions-regulating-recruitment-and-protection-of-african-migrant-workers-in-the-gulf-and-the-middle-east

-AMIStaDeS – Fai Amicizia con il Sapere, “Sfruttamento lavorativo e abusi: il caso dei domestic migrant workers in Libano”, Settembre 2021, https://www.amistades.info/post/sfruttamento-lavorativo-abusi-domestic-migrant-workers-libano

-International Organisation for Migration (IOM), “World Migration Report 2020”, https://publications.iom.int/system/files/pdf/wmr_2020.pdf

-Jack Mcbrams, “Slaving for the beautiful game: Africans among exploited migrants in Qatar”, Mail & Guardian Africa, September 2022, https://mg.co.za/africa/2022-09-06-slaving-for-the-beautiful-game-africans-among-exploited-migrants-in-qatar/

-Kali Robinson, “What Is the Kafala System?”, Council on Foreign Relations, November 2022, https://www.cfr.org/backgrounder/what-kafala-system

-“We work like robots. Discrimination and Exploitation of Migrant Workers in FIFA World Cup Qatar 2022 Hotels”, Equidem & Global Labour Justice – International Labour Rights Forum (GLJ-ILRF), 2022, https://www.equidem.org/reports/we-work-like-robots

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