di Valentina Giulia Milani
Gli Stati Uniti accusano l’esercito sudanese di crimini di guerra e bloccano quasi tutta l’assistenza. Le nuove sanzioni includono embargo militare e restrizioni finanziarie ed esportative.
Sono entrate in vigore le nuove sanzioni statunitensi contro il Sudan, dopo che Washington ha accusato l’esercito sudanese di aver impiegato armi chimiche e biologiche letali contro civili nel conflitto in corso con le Forze di supporto rapido (Rsf). Lo ha annunciato il Dipartimento di Stato, affermando di essere in possesso di prove “credibili” che confermano l’uso di questi armamenti, in violazione del diritto internazionale.
Le sanzioni, imposte in base al Chemical and Biological Weapons Control and Warfare Elimination Act, comportano la sospensione immediata della quasi totalità dell’assistenza statunitense al Sudan, fatta eccezione per gli aiuti umanitari d’emergenza, valutati caso per caso. Tra le misure: il divieto assoluto alla vendita e al finanziamento di materiale militare, il blocco dell’accesso a fondi pubblici statunitensi – inclusi prestiti e crediti della Export-Import Bank – e restrizioni all’export di tecnologie sensibili legate alla sicurezza nazionale.
Sono previste deroghe limitate per esportazioni destinate a compagnie aeree civili e imprese statunitensi ancora operative nel Paese. Le sanzioni resteranno in vigore per almeno un anno e potranno essere rinnovate.
Le autorità sudanesi non hanno ancora rilasciato dichiarazioni ufficiali, ma in precedenza il ministero dell’Informazione aveva respinto le accuse, definendole “ricatto politico privo di fondamento morale e giuridico”, e accusando Washington di aver perso ogni credibilità nel Paese.

Secondo un’inchiesta del New York Times pubblicata a gennaio, l’esercito sudanese avrebbe utilizzato gas al cloro in operazioni contro le Rsf, provocando gravi sofferenze respiratorie e decessi. Il generale Abdel Fattah al-Burhan, leader dell’esercito e capo del Consiglio sovrano, e Mohamed Hamdan Dagalo, detto “Hemedti”, comandante delle Rsf, sono già sottoposti a sanzioni individuali da parte degli Stati Uniti.
Il Sudan è precipitato in una guerra civile nell’aprile 2023, quando è esploso il conflitto tra l’esercito regolare e le Rsf. Secondo le Nazioni Unite, i combattimenti hanno causato decine di migliaia di morti e oltre 13 milioni di sfollati, dando origine alla più grave crisi di spostamento forzato attualmente in corso in Africa.
Negli ultimi mesi, la città di El Fasher, nel Nord Darfur, è diventata l’epicentro della violenza. Le Rsf hanno intensificato gli attacchi con droni e artiglieria pesante contro le postazioni dell’esercito in aree urbane, causando numerose vittime civili. Il segretario generale dell’Onu, António Guterres, ha chiesto una tregua umanitaria immediata per consentire l’accesso agli aiuti, mentre al Consiglio di sicurezza sono stati denunciati un aumento di esecuzioni extragiudiziali, violenze sessuali, reclutamento di minori e attacchi contro operatori umanitari. L’Onu ha avvertito che il conflitto potrebbe sfociare in un genocidio se non verranno adottate misure urgenti per proteggere la popolazione e fermare le ostilità.