Cecil è morto da dieci anni, ma la caccia agli animali selvatici va avanti

di claudia

A dieci anni dalla morte del leone Cecil per mano di un cacciatore di trofei, che provocò un’ondata di indignazione internazionale, il commercio di trofei di caccia è ancora una realtà. Humane World for Animals chiede all’UE di vietarne l’importazione per fermare questa pratica.

Sono passati dieci anni dall’uccisione barbarica di Cecil, esemplare di leone che viveva appena fuori dai confini del Parco nazionale di Hwange, in Zimbabwe. Un cacciatore di trofei statunitense lo ha colpito a morte con una freccia, pagando 50.000 dollari per abbatterlo. L’uccisione insensata di Cecil, molto amato dai visitatori del Parco e oggetto di studio per gli scienziati dell’Università di Oxford, fece il giro del mondo sulle prime pagine dei giornali. Si scatenò un’onda di indignazione e un dibattito globale sull’etica della caccia al trofeo. Purtroppo, da allora, la storia si è ripetuta: altri leoni come Mopane, abbattuto nella stessa zona nel 2021, e Xanda, figlio di Cecil, ucciso nel 2017, hanno continuato a morire per colpa della stessa pratica crudele: l’uccisione di animali selvatici maestosi da parte di cacciatori alla ricerca di visibilità o di trofei da collezionare.

Solo tra il 2019 e il 2023, sono stati commercializzati oltre 3.100 trofei di leone a livello globale. Il 90% proveniva dal Sudafrica, con oltre l’80% dei leoni allevato in cattività, per essere ucciso in spazi chiusi dai quali è impossibile fuggire.

In occasione dell’anniversario della morte del leone Cecil, Humane World for Animals, organizzazione che negli anni ha portato avanti una campagna di sensibilizzazione e azione a difesa degli animali selvatici, lancia un appello urgente affinché gli Stati membri dell’Unione Europea seguano l’esempio di altri paesi e adottino normative che vietino l’importazione di trofei di caccia nei rispettivi territori.

In Africa, i safari di caccia rappresentano un’attività fiorente e altamente redditizia, ma anche profondamente controversa. Ogni anno, migliaia di animali selvatici — inclusi esemplari di specie minacciate o in via di estinzione — vengono abbattuti da cacciatori facoltosi disposti a pagare cifre esorbitanti per portare a casa un trofeo da esibire.

elefanti

L’Unione Europea è il secondo maggior importatore di trofei provenienti da specie protette dalla Convenzione CITES (Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione), subito dopo gli Stati Uniti. Tra il 2014 e il 2023, ne ha importati ben 27.384. A partire dal 2015, alcuni Paesi membri — tra cui Francia, Paesi Bassi, Belgio e Finlandia — hanno adottato importanti misure legislative per vietare l’importazione di determinati trofei, inclusi quelli provenienti da leoni.

“L’UE – scrive l’organizzazione in una nota – ha ignorato le richieste di vietare l’importazione di trofei provenienti da specie protette o in via di estinzione. Questa inazione rende l’Unione complice di un commercio che continua a danneggiare la fauna selvatica e a privare animali come Cecil della loro stessa vita, in ogni parte del mondo”.

La persistenza di questa pratica, che consente legalmente l’abbattimento di animali come leoni, elefanti, rinoceronti, leopardi, zebre, ippopotami e giraffe, permettendo poi di portarne i resti a casa come “souvenir”, rappresenta una piaga ancora lontana dall’essere risolta. Negli ultimi dieci anni sono stati compiuti alcuni progressi, ma il cammino da fare è ancora lungo.

Gli Stati Uniti hanno inserito il leone tra le specie protette e, dal 2016, non rilasciano permessi per l’importazione di trofei da leoni in cattività. Il governo del Sudafrica si è impegnato a porre fine all’allevamento di leoni, una mossa cruciale considerando che il Paese è il principale esportatore di trofei di leone, quasi tutti provenienti da allevamenti. Il Malawi (dal 2017) e la Costa Rica (dal 2016) hanno vietato la caccia al trofeo dei leoni. Qualcosa sta cambiando anche nell’opinione pubblica: sondaggi in vari Paesi (tra cui Stati Uniti, Europa, Sudafrica e Argentina) mostrano che la maggioranza delle persone è contraria alla caccia al trofeo.

Sono ormai 44 le compagnie di trasporto, tra cui le principali compagnie aeree mondiali ed europee, che hanno imposto divieti totali o parziali al trasporto di trofei. Anche grandi aziende del turismo come Booking.com, Expedia e TUI Group hanno smesso di promuovere questa attività.

La Commissione Europea, nel suo Piano d’azione aggiornato, ha promesso un rafforzamento dei controlli sull’importazione di trofei, più trasparenza e collaborazione internazionale per valutarne l’impatto sulla fauna selvatica.

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