Gibuti non darà agli Usa le basi per interventi militari in Etiopia

di claudia
sicurezza

Gibuti non permetterà agli Stati Uniti di utilizzare il proprio territorio come base per azioni militari in Etiopia. Lo ha affermato Mahmoud Ali Youssouf, ministro degli Esteri gibutino in un tweet in risposta a un’intervista rilasciata alla Bbc in lingua somala dal comandante della Joint Task Force-Horn of Africa, il generale William L. Zana, che ha espresso preoccupazione per il fatto che la situazione della sicurezza in Etiopia potrebbe destabilizzare il resto dell’Africa orientale.

“Il generale William Zana, comandante del campo Lemonier (la base Usa, ndr), ha rilasciato un’intervista alla Bbc spiegando come le forze americane a Gibuti stessero svolgendo una missione di lotta al terrorismo e di protezione dei loro cittadini nell’improbabile eventualità di evacuazione”, ha twittato. E ha proseguito: “Alcuni hanno espresso la preoccupazione che il territorio di Gibuti venga utilizzato per interventi ostili nei Paesi vicini. Ciò non accadrà perché il governo del Gibuti ci tiene alle relazioni con i suoi vicini”. Il ministro ha assicurato che “Gibuti apprezza la sua partnership strategica con gli Stati Uniti” ma che “questa partnership non è orientata contro nessun Paese”.

Il generale William L. Zana aveva detto: “Il deterioramento della situazione della sicurezza in Etiopia influirà negativamente sulla stabilità del Corno d’Africa. Se i conflitti continuano in Etiopia, le forze etiopi potrebbero ritirarsi dalla Somalia meridionale, dove attualmente mantengono un contingente di circa 5.000 soldati. Ciò potrebbe fornire ai gruppi estremisti l’opportunità di espandere la loro influenza”. Il generale statunitense ha aggiunto che il ruolo principale delle forze Usa a Gibuti è rispondere alle richieste dei diplomatici americani nella regione del Corno d’Africa. Ha sottolineato che le forze statunitensi sono pronte a intervenire in Etiopia se la situazione peggiora, inclusa l’evacuazione di cittadini statunitensi se necessario.

Camp Lemonnier, la base statunitense a Gibuti, è stata utilizzata a partire dal 2008 come struttura per il lancio di attacchi aerei e droni statunitensi su obiettivi e roccaforti del gruppo dello Stato islamico e dei militanti di al-Shabaab (legati ad al-Qaeda) nella Somalia meridionale e nordorientale. Si prevede che la prossima settimana il Segretario di Stato americano, Anthony Blinken, inizi la sua prima visita nel Corno d’Africa, con l’obiettivo di sostenere l’azione diplomatica in corso dell’inviato statunitense nel Corno d’Africa, Jeffrey Feltman.

Dal novembre dello scorso anno, l’Etiopia è stata coinvolta in un conflitto contro le milizie del Tigray. Nel novembre 2020, il primo ministro Abiy Ahmed aveva ordinato l’attacco in Tigray per rispondere all’occupazione di alcune basi delle forze armate federali. Quello che, nelle intenzioni del premier, doveva essere un ‘intervento di breve durata si è presto trasformato in un conflitto civile. Dopo il primo attacco etiope, a giugno le forze tigrine legate al Fronte popolare di liberazione del Tigray hanno condotto una controffensiva che ha portato all’occupazione anche di parte della regione Amhara e di quella Afar. Nei giorni scorsi, i miliziani tigrini, insieme alle forze dell’Oromo Liberation Army (Ola) hanno minacciato di invadere la capitale Addis Abeba.

I combattimenti di questi mesi sono stati segnati da massacri, stupri di massa e da una profonda crisi umanitaria. Alle organizzazioni internazionali è stato impedito di entrare nelle zone di combattimento. Ciò ha peggiorato la situazione della popolazione civile che ora deve far fronte a carenze alimentari sempre più gravi. I morti sono migliaia.

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