Etiopia: processo dialogo nazionale non è trattare con Tplf

di AFRICA
etiopia

Il processo avviato dal governo di Addis Abeba per un dialogo nazionale non deve essere interpretato come il via libera a negoziati con il gruppo terroristico Fronte popolare di liberazione del Tigray (Tplf). Lo ha dichiarato ieri il ministro per la Comunicazione del governo, Kebede Desisa, ricordando che l’avvio di un dialogo nazionale era uno degli impegni assunti dall’esecutivo prima che scoppiasse il conflitto, nel novembre 2020.

Due giorni fa le forze del Tplf hanno annunciato il ritiro dagli Stati confinanti con la regione del Tigray, auspicando che tale iniziativa possa “aprire alla pace”. In una lettera inviata al segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, i leader del Tplf hanno dichiarato di aver ordinato ai propri combattenti di ritirarsi dentro i confini del Tigray,  chiedendo quindi l’appoggio della comunità internazionale per “una cessazione immediata delle ostilità seguita da negoziati”, con l’istituzione di una no-fly zone sulla regione, nonché l’imposizione di un embargo sulle armi all’Etiopia e all’Eritrea.

Nel briefing tenuto oggi con la stampa, Kebede ha precisato che il processo in corso per il dialogo nazionale mira a garantire consenso nella costruzione della nazione ed  “è l’agenda stabilita prima dello scoppio del conflitto”. Nelle scorse settimane il governo ha emanato la norma che istituisce la commissione per il dialogo nazionale, che dovrebbe ottenere a giorni il via libera del parlamento.

Già martedì, la portavoce del premier, Billene Seyoum, aveva ricordato che dopo le elezioni, “nella formazione di un nuovo governo, uno degli impegni presi è stato quello di creare uno spazio interno e inclusivo per affrontare le diverse contestazioni sorte non solo negli ultimi tre anni”, a partire dall’insediamento di Abiy Ahmed al potere, “ma che sono emerse nel corso della moderna storia politica del paese”. La commissione per il dialogo nazionale sarà un’istituzione indipendente con rapporti diretti con il parlamento, ha precisato Billene.

Riguardo alle operazioni militari in corso, ieri il ministro ha dichiarato che l’esercito continuerà ad agire per “assicurare che i terroristi del Tplf non rappresentino più una minaccia per il Paese”, bollando come “falsa” la dichiarazione del Tplf sul proprio ritiro, volta a coprire la “sconfitta subita di recente” e “a fuorviare i media internazionali e le madri della regione del Tigray che potrebbero chiedere dove si trovano i loro figli portati con la forza in guerra”.

Stando a stime Onu, sono oltre 9,4 milioni le persone che necessitano di assistenza umanitaria nelle tre regioni investite dal conflitto: Tigray, Amhara e Afar.

Condividi

Altre letture correlate: