Emergenza ciclone tropicale Freddy, centinaia i morti e i feriti

di claudia
ciclone

di Valentina Milani

Freddy è probabilmente il ciclone tropicale di più lunga durata mai registrato. La sua furia ha colpito l’Africa australe, per la seconda volta nel giro di poche settimane, tornando a colpire dopo una prima volta a fine febbraio, interessando in particolare Madagascar, Mozambico, Malawi. Secondo le ultime stime il bilancio delle vittime del ciclone Freddy in Malawi è salito ieri a 225. Nei giorni scorsi il presidente del Malawi ha dichiarato lo stato di calamità in diversi distretti meridionali del Paese, tra cui la città di Blantyre.

Il presidente Lazarus Chakwera ha lanciato un appello per chiedere aiuto dopo che più di 90.000 persone sono state sfollate in cinque distretti meridionali in seguito alla tempesta tropicale. “Il mio governo ha messo a disposizione alcuni fondi e risorse per aiutare le persone colpite, ma non sono sufficienti. Abbiamo quindi bisogno di più aiuto”, ha detto Chakwera visitando le vittime in un campo improvvisato presso la scuola elementare di Manja, nella città di Blantyre.

Il Commissario del Dipartimento per la Gestione dei Disastri, Charles Kalemba, ha dichiarato che 707 persone sono rimaste ferite e 41 sono disperse.

Il ciclone Freddy si è abbattuto sul Malawi meridionale l’11 marzo, distruggendo case e causando inondazioni diffuse. La tempesta ha fatto crollare linee telefoniche e cavi elettrici, causando interruzioni delle comunicazioni e tre giorni di blackout nazionale.

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Freddy è probabilmente il ciclone tropicale di più lunga durata mai registrato, avendo toccato terra per la prima volta a febbraio prima di colpire Madagascar, Mauritius e Mozambico. 

Il ciclone Freddy ha colpito anche la Zambezia, provincia centrale del Mozambico, sferzata nella notte tra sabato e domenica, dalla tempesta tropicale. Pioggia e venti a oltre 200 km/h hanno abbattuto pali e alberi, hanno scoperchiato case e magazzini, hanno fatto crollare muri. “A Quelimane, il capoluogo, ovunque ci sono nelle strade pezzi di tegole, vetri, rami, mattoni – spiegano spiegano gli operatori di Celim, ong milanese che da anni opera nella zona con propri progetti in campo agricolo -. Nelle zone periferiche, l’impatto è stato ancora più devastante: si stima che centinaia di case siano state distrutte o danneggiate. Le famiglie le cui abitazioni sono rimaste senza tetto o distrutte si sono rifugiate nelle scuole elementari. Difficile dire se e quando queste famiglie saranno in grado di tornare nelle proprie case. Nelle prossime settimane si prevede, inoltre, che la situazione sanitaria possa peggiorare, si possa diffondere il colera e manchi cibo”.

I luoghi in cui Celim opera sono in gran parte irraggiungibili. A Lugela, l’avannotteria, dove si allevano i piccoli pesci da seminare negli stagni delle piscicoltura, e l’impianto di produzione di mangime sono stati fortemente danneggiati. A Inhassunge, le tre barche che garantivano l’attraversamento del fiume che divide il distretto da Quelimane sono state danneggiate dal ciclone. Lugela e Inhassunge sono invece irraggiungibili a causa dello straripamento dei fiumi e la conseguente interruzione delle strade che portano a questi distretti.

“Le notizie meteo non sono buone – concludono -. Le previsioni dicono che il ciclone, dopo aver colpito il Malawi, stia tornando indietro verso il Mozambico. Speriamo che i venti e la pioggia perdano, nel frattempo, la forza e permettano ai soccorsi di lavorare per ripristinare la normalità”.

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