Senegal: Il porto che verrà? Dubbi e prospettive sul ring

di claudia

Il Senegal ha firmato gli accordi con la multinazionale Dubai Ports World per la costruzione del porto di Ndayane. L’ambizione è realizzare una struttura dal forte impatto socioeconomico, tale da permettere al Senegal di beneficiare pienamente della sua posizione di leadership nel mercato dell’area dell’Africa occidentale. Il progetto, però, non piace a una parte della popolazione che denuncia i rischi ambientali e sociali per i territori e le comunità interessate.

di Valentina Geraci

Il Senegal, facendo fede alle numerose analisi e alle raccolte dati che testimoniano la sua situazione generale, può oggi essere considerato un Paese politicamente stabile ed economicamente attraente. Punto di riferimento per tutto il West Africa, il Senegal gode infatti di una posizione geografica strategica che lo raffigura come una vetrina accattivante, mostrando una vasta gamma di risorse naturali e settori trainanti per lo sviluppo di una realtà sempre più business friendly.

 Il Paese si fa quindi notare dagli Stati limitrofi ma anche oltreoceano fino a raggiungere, ad oggi, la decima posizione negli elenchi delle mete preferite per investimenti stranieri. Sull’onda di uno sviluppo di tale portata, il Senegal guarda infatti con attenzione a questi ultimi, come testimoniato dal lavoro di Promotion des Investissements et Grands Travaux Sénégal (Apix) che si impegna ad accompagnare gli investimenti stranieri o nazionali sul territorio senegalese, promuovendo l’immagine attrattiva del Paese e garantendo competitività alle imprese. Sulla scia di questa crescita si tenta di muovere i passi per la realizzazione degli obiettivi del Plan Sénégal Emergent, che prevede un pieno sviluppo entro il 2035 di settori strategici e che, nella sua ramificazione in un piano d’azione prioritario, vede la seconda fase dello stesso (2019-2023) coinvolgere in maniera preminente il settore privato.

Tra investimenti pubblici e privati, vogliamo qui fermarci a discutere dell’accordo che impegna il Senegal con una multinazionale su Dubai, la Dubai Ports World. Si tratta di una compagnia internazionale specializzata nella logistica merci, nel trasporto e nelle operazioni legate alla costruzione di aree portuali e di concessione di servizi marittimi, già impegnata sul territorio senegalese se osserviamo alla zona nord del porto di Dakar, dove infatti amministra il terminal portuale per container. L’obiettivo è la creazione di un ulteriore terminal container presso la zona di Ndayane, a pochi chilometri dalla capitale. L’investimento garantirà a suddetta zona il ruolo di epicentro negli scambi commerciali e, inoltre, si spera possa divenire emblema di una ulteriore crescita economica. Tuttavia, rispetto a questo approccio più pragmatico, l’investimento si scontra con una serie di interessi ed esigenze nutrite da una buona parte della comunità che abbraccia questioni ecologiche e sociali, prestando attenzione alle proprie condizioni personali e occupazionali.

DP World e governo senegalese

In una pubblicazione del dicembre 2020 a cura del sito ufficiale della compagnia internazionale DP World, emerge che la stessa si incarica di promuovere un investimento pari a quasi 1,1 miliardi di dollari rivolti alla realizzazione di tale struttura. Di fronte alla volontà di dar vita a un ulteriore terminal container come continuazione di quello già presente nel porto della capitale e, oltretutto, in conseguenza dei confronti tra il Presidente senegalese Macky Sall e  l’Amministratore delegato di DP World Sultan, Ahmed bin Sulayem, si è giunti a conclusione che sarebbe di gran lunga preferibile promuovere un investimento di cui la stessa area avrebbe meglio potuto beneficiare, costruendo un porto ulteriore alternativo a quello di Dakar e che, in certa misura, restasse a questo collegato così da creare un reticolato economico efficiente su larga scala. Non a caso gli accordi sono stati firmati da Alioune Ndoye, Ministro della Pesca e dell’Economia Marittima senegalese, quelle di Aboubacar Sedikh Beye, Direttore Generale del Porto Autonomo di Dakar e, appunto, quelle del Presidente di DP World.

Per far sì che il progetto possa esser ottimizzato il più possibile nella sua realizzazione, gli accordi dividono la fase di esecuzione in un primo step che, a sua volta, interesserà la zona adiacente il terminal container esistente. Le previsioni suggeriscono che questo ultimo avrà alla fine oltre 3 km di banchina e un nuovo canale marino di 5 km progettato per ottimizzare anche la gestione di navi di grandi dimensioni. Segue una seconda fase il cui pronostico è la creazione di una banchina supplementare,di lunghezza pari a 410 m, e un ulteriore dragaggio del canale marittimo per gestire navi da 400 metri. A queste previsioni, la compagnia e gli accordi mossi con le autorità locali predispongono la creazione di una zona economica vicino al nuovo porto al fine di potenziare la capacità attrattiva del Senegal sia in termini di visitatori che di creazione di nuovi posti di lavoro, irrobustendo i canali che interessano gli investimenti esteri.

Commentando l’accordo, Sultan Ahmed bin Sulayemm, amministratore delegato della compagnia, ha dichiarato che si tratta del “più grande investimento portuale di DP World in Africa fino ad oggi”, ed è la testimonianza dell’impegno dell’azienda per il Senegal e la fiducia nel suo potenziale per l’ulteriore crescita economica. A queste considerazioni di potenziale investimento, di anelli logistici e di crescita economica e commerciale risponde buona parte della popolazione, che lamenta gli effetti collaterali di una costruzione di tale portata sia da un punto di vista di comunità che a livello ecologico e sociale.

Sultan Ahmed bin Sulayemm, amministratore delegato di Dubai Ports World.

Malessere territoriale e proteste dai cittadini

Yenne, Toubab Dialaw, Ndayane e Popenguine sono i comuni interessati al progetto e quelli che  rischiano maggiormente di essere messi alle strette con la realizzazione dello stesso. È quanto riportano i canali di comunicazione, siano essi diretti o indiretti, dei soggetti interessati.

Non si tratta solo di case distrutte, strutture turistiche rase al suolo e saracinesche abbassate per i negozi della zona. Come sostengono associazioni locali, residenti e senegalesi della diaspora che rientrano in questa zona, si rischia di andare incontro alla distruzione della biodiversità e della pesca artigianale, una delle attività prioritarie per gli abitanti locali oltre che la principale loro fonte di reddito. Gli abitanti rivieraschi saranno ostacolati tanto nell’attività di pesca quanto, di conseguenza, anche nella vendita dei prodotti ittici, i quali a loro volta saranno colpiti nell’organizzazione stessa dell’ecosistema circostante tra macchinari, trasporti marini, oli di motore e carburante scaricato nelle acque. Inoltre, alla distruzione delle pescherie tipiche, si accompagnerà l’esproprio dei terreni in mano ai coltivatori, di strutture alberghiere che danno voce alle attività turistiche della zona e scompariranno o saranno minacciate zone religiose come, ad esempio, la riserva naturale di Popenguine e, ancora, spazi culturali come la Scuola delle Sabbie ventennale o il Centro FIFA. Sono questi gli aspetti che preoccupano notevolmente le comunità, oltre ad esempio ai lavori di dragaggio dei fondali marini e l’impoverimento più generale delle popolazioni.

A muoversi con maggiore interesse sono i rappresentanti dell’Associazione Ngoudoucam, associazione senza scopo di lucro che ha messo in piedi una serie di iniziative volte a sensibilizzare, informare e proporre un confronto rispetto a queste tematiche. I membri oltre a battersi per l’annullamento di tale progetto, richiedono perlomeno uno studio di impatto su tematiche a livello ecologico.  Per prima, l’Associazione ha promosso sessioni informative su tematiche ambientali aperte ai cittadini e, alle volte, anche alle autorità responsabili della costruzione del porto. Per quel che riguarda le popolazioni, ancora più interessante, può essere considerata l’attività informativa d’accompagnamento a quella di formazione in maniera diretta attraverso l’impiego dei social network e, non per ultimo, attraverso l’idea di realizzare un cortometraggio di sensibilizzazione. Al contrario, per quel che riguarda le autorità, nell’ottobre 2019 una lettera scritta dai membri dell’Associazione e rivolta al Presidente senegalese denunciava il “genocidio ecologico e umano” che il porto di Ndayane e la spoliazione delle terre delle popolazioni causerebbero se il progetto fosse effettivamente realizzato.

Conclusioni

Le collisioni, sul ring come nella vita quotidiana, rappresentano un tratto intrinseco e inevitabile nel rispondere a tutte quelle trasformazioni che incidono sulla nostra società. Le collisioni, in senso lato, sono una formula diversa per esprimere i propri richiami e i propri coinvolgimenti. Sono forme di comunicazione però anche di malessere e di insofferenza.

In questo caso, di fronte al progetto di costruzione di un nuovo porto e, dall’altro lato, di fronte agli interessi della comunità locale, le proposte dell’Associazione precedentemente menzionata sono fondamentalmente l’invito a creare una dinamica innovativa attraverso una serie di studi ad hoc o più approfonditi e attraverso iniziative che tutelino le realtà locali, concedendo ascolto e maggior coinvolgimento alle popolazioni. Offrire al cittadino la possibilità di avvicinarsi alla macchina amministrativa nel rapportarsi con la realizzazione di un cambiamento e con la fase di pianificazione dello stesso sarebbe di certo determinante. Ad oggi ci auguriamo che la moderazione e l’ascolto reciproco possano essere il filo comune che dia speranza alla popolazione bilanciando gli interessi degli investimenti in corso.

(Valentina GeraciAmistades)

Sitografia

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