Senegal, bisogno di giustizia due anni dopo le violenze scoppiate con l’arresto di Sonko

di claudia

Continuano a chiedere giustizia le famiglie dei 14 morti durante le proteste del marzo 2021 in Senegal, scoppiate con l’arresto del leader dell’opposizione Ousmane Sonko. Secondo fonti giornalistiche, le famiglie hanno deciso di rivolgersi agli organi della Comunità economica dell’Africa occidentale, la Cedeao (Ecowas).

I fatti risalgono al 3 marzo di due anni fa, quando scoppiarono proteste spontanee in diverse città del Senegal. Quattordici persone sono state uccise durante i cinque giorni di manifestazioni e quasi 600 persone sono rimaste ferite secondo la Croce Rossa senegalese. In diversi luoghi sono stati inoltre osservati individui in abiti civili armati di bastoni, mazze e armi da fuoco che picchiavano i manifestanti sotto lo sguardo delle forze di sicurezza e usavano persino armi da fuoco in alcuni luoghi della capitale. Tra le vittime rimaste uccise, 12 sono state uccise dalle forze di difesa e di sicurezza – denuncia Amnesty International –  alcune delle quali alla schiena e al collo, compresi tre ragazzi di età compresa tra 12, 16 e 17 anni. Due di questi giovani sono stati uccisi senza aver preso parte alle manifestazioni.

Anche l’accesso a Internet era stato limitato e i segnali dei canali televisivi Walf Tv e Sen Tv tagliati per 72 ore dal Consiglio nazionale di regolamentazione dell’audiovisivo (Cnra), accusandoli di aver osservato nella loro ritrasmissione “ripetuti appelli alla rivolta popolare trasmettendo in loop immagini dell’insurrezione”, e invitandoli a “fermare questa copertura irresponsabile”.

In un discorso del 5 marzo 2021, il ministro dell’Interno aveva descritto le manifestazioni come “atti di terrorismo e banditismo” e denunciato la presenza di “forze occulte” dietro queste manifestazioni.

Le proteste del marzo 2021 sono seguite all’arresto da parte della gendarmeria dell’oppositore politico Ousmane Sonko, oggi sindaco Ziguinchor, mentre si recava a una citazione in tribunale in relazione a una denuncia di stupro, quello che è poi diventato il famoso fascicolo Sweet Beauty, tuttora in corso in tribunale.

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