Sahara Occidentale, De Mistura cerca il bandolo della matassa

di Celine Camoin

Si è mosso nella pura tradizione della diplomazia, andando ad ascoltare tutte le parti, Staffan de Mistura, inviato personale del segretario generale dell’Onu per il Sahara Occidentale. Durante il suo primo tour nella regione da quando è stato nominato ad ottobre, due anni dopo le dimissioni del suo predecessore, l’italo-svedese ha incontrato i protagonisti della crisi e le autorità dei Paesi limitrofi della regione contesa tra il Marocco e gli indipendentisti sahrawi.

Di Céline Camoin

Dal governo marocchino a Rabat, ai vertici della Repubblica araba sahrawi democratica (Rasd) e alla società civile (donne, giovani, difensori dei diritti umani) nei campi sahrawi nel sud dell’Algeria, fino Nouakchott per ascoltare le autorità della Mauritania, e infine, la diplomazia algerina, che in questo conflitto è apertamente schierata con il fonte sahrawi. Il colpo di coda, venerdì, De Mistura lo ha dato recandosi a Madrid per incontrare il nuovo ministro degli Esteri spagnolo José Manuel Albares, che in questi giorni si è espresso auspicando la risoluzione della crisi in atto da oltre quattro decenni. 

Quest’ultima tappa spagnola, alla fine di un tour la cui agenda è stata tenuta riservata fino all’ultimo momento, potrebbe essere il segnale di un nuovo impulso che coinvolga soggetti europei per una soluzione negoziata. “Sia sul piano comunitario sia sul piano dei singoli Stati, l’Unione europea ha interesse a interfacciarsi con attori come l’Algeria o il Marocco, e soprattutto a impedire che questa crisi, ora di livello controllato, rischi di deteriorarsi”, ritiene Giuseppe Dentice, responsabile del Desk Medio Oriente e Nord Africa del Ce.Si – Centro Studi Internazionali, intervistato da Africa. Spagna, Germania, ma perché no l’Italia – ricordiamo che il presidente Sergio Mattarella si è recato ad Algeri lo scorso novembre – tutti hanno buone ragioni affinché questa crisi, con le sue possibili ripercussioni negative anche sul piano del rifornimento energetico, sbocci in una soluzione concertata. 

La parte sahrawi ha mostrato chiaramente di non nutrire grandi speranze. Anzi, esponenti della gioventù hanno ha accusato senza mezzi termini le Nazioni Unite di essere schierate dalla parte marocchina. Khelihelna Mohamed Telmidi, rappresentante dei giovani sahrawi, citato da media algerini, ha detto all’inviato delle Nazioni Unite che la Minurso – la missione dei caschi blu per la regione – non ha adempiuto al suo mandato principale ed è rimasta l’unica missione delle Nazioni Unite senza un incarico di monitoraggio dei diritti umani. Ha denunciato le pratiche del Marocco “che incoraggiano l’apertura illecita di consolati nella parte occupata, gli investimenti di compagnie straniere, il saccheggio delle risorse sahrawi sotto gli occhi dell’Onu”. “Non ci aspettiamo molto dalla visita dell’inviato fintanto che l’Onu non si attiene all’imparzialità richiesta in tali mediazioni. Abbiamo invitato De Mistura a presentare un rapporto sulla situazione dei detenuti civili sahrawi che languiscono nelle carceri marocchine, cosa che gli ex inviati speciali non hanno potuto fare”, ha detto. Stessa posizione espressa da Nana El Rachid, rappresentante delle donne che hanno incontrato Staffan de Mistura. Neanche le donne sahrawi si aspettano progressi in merito a questa visita, perché l’Onu non è riuscita a gestire il conflitto nel Sahara occidentale. La novità per i sahrawi è la ripresa della lotta armata per strappare il loro legittimo diritto alla libertà e all’indipendenza, ha affermato, rilevando l’unanimità tra le donne che hanno incontrato De Mistura sulla richiesta di indipendenza e sull’impegno a continuare la lotta armata.

“Ci troviamo in una particolare fase della storia del mondo nella quale la comunità internazionale intesa come Onu è screditata, per vari motivi”, sottolinea Giuseppe Dentice, che allude anche alla perdita di prestigio e di autorevolezza, agli occhi di questi Paesi, nei confronti di Europa e Stati Uniti. 

D’altro canto, se è vero che non si può sempre aspettare che la soluzione arrivi dall’esterno, i tre attori principali hanno visioni molto differenti.  I sahrawi in realtà, secondo Dentice, potrebbero anche essere eventualmente interessati a una sorta di ampia autonomia, abbastanza consci del fatto che l’indipendenza non è poi così fattibile. Il Marocco è ora forte del riconoscimento dagli Stati Uniti tramite gli accordi di Abramo. Rabat ha condotto un’attenta operazione diplomatica trovando appoggi importanti nel continente africano e a livello di Lega araba, nel mondo musulmano, ottenendo implicito riconoscimento della sovranità del Marocco sul Sahara da parte di Paesi arabi. Algeri, che usa la carta del Sahara Occidentale per affermarsi nella corsa per la supremazia regionale rispetto al Marocco, non ha molte opzioni per fare pressione su Rabat, se non la carta energetica e la rottura delle relazioni diplomatiche. Opzioni che, finora, non hanno avuto ripercussioni sul cambio d’approccio del Marocco.

La comunità internazionale ha mantenuto le distanze da questa situazione e dal 2019 addirittura non aveva un suo rappresentante per la questione sahrawi. A questo stadio, ritiene l’esperto del Cesi, “verosimilmente l’unica cosa che si può fare è trattare, andare a un tavolo negoziale sulle varie questioni e trovare un compromesso come base preliminare all’avanzamento delle discussioni”. Missione quasi impossibile quella di De Mistura? La risposta nei prossimi mesi. 

Leggi anche: Sahara Occidentale, escalation controllata tra Rabat e Algeri

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