Noi, indifferenti – editoriale Africa n°2-2015

di AFRICA

«Non ho paura delle parole dei violenti ma del silenzio degli onesti»

Martin Luther King

 

Cinquant’anni fa, i portuali di Genova si rifiutarono di caricare le navi dirette in Sudafrica: era una forma di boicottaggio dello spietato regime dell’apartheid. Negli anni Settanta, gli studenti universitari di Milano e Roma si mobilitarono a sostegno dei loro coetanei in Angola e Mozambico che lottavano contro l’occupazione coloniale portoghese. Vent’anni più tardi, centinaia di attivisti, da Torino a Palermo, invitarono a boicottare i distributori di benzina della Shell, la multinazionale del petrolio che inquinava il Delta del Niger e soffocava il dissenso con l’appoggio di dittatori compiacenti. La storia del nostro movimento operaio e studentesco è piena di mobilitazioni a favore di nobili battaglie portate avanti da popoli lontani. Anche l’associazionismo laico e cattolico ha sostenuto a lungo chi – pur nella più piccola e lontana delle nazioni – lottava per i diritti civili.

Un tempo ritenevamo normale, anzi doveroso, batterci affinché gli ideali di giustizia sociale trovassero pieno riconoscimento: non solo a casa nostra ma ovunque nel mondo. Eravamo spinti da motivazioni ideologiche, filantropiche, politiche o religiose. Ma c’era dell’altro: sentivamo di non essere capaci di gioire pienamente dei nostri successi, sapendo che altre persone stavano soffrendo. Oggi abbiamo imparato a fregarcene. Perlomeno così pare.

Fa impressione il distaccato disinteresse con cui abbiamo accolto, poche settimane fa, la notizia della condanna all’ergastolo comminata a duecentotrenta giovani egiziani, protagonisti della Primavera araba che nel 2011 fece crollare il regime di Hosni Mubarak: è il colpo di grazia a una rivoluzione che aveva suscitato grandi speranze. La repressione della democrazia e della libertà in Egitto non ci ha turbato. Né ci scuotono più le quotidiane stragi di civili in Nigeria, Rd Congo, Ucraina, Siria. O dei migranti nel Mediterraneo. Sembriamo anestetizzati dalla sofferenza altrui. Non è colpa della tivù o dei nostri politici, noiosi e scialbi: tutti siamo in qualche modo responsabili dell’indifferenza dilagante. Non siamo più capaci di indignarci e di mobilitarci per gli altri? Siamo diventati così miopi ed egoisti da non accorgerci che l’umanità calpestata, in qualsiasi parte del mondo, è un affare che ci riguarda da vicino?

Non illudiamoci che basti condividere un tweet o un post con il nostro smartphone per ripulirci la coscienza. Né mi illudo di potermi assolvere scrivendo queste poche righe. Ammoniva Albert Einstein: «Il mondo non è minacciato dalle persone che fanno il male, ma da quelle che lo tollerano».

Marco Trovato

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