Missili su Asmara, la guerra in Tigray supera i confini etiopi

di Marco Trovato

La crisi nel Tigray supera i confini dell’Etiopia e coinvolge l’Eritrea. Nella serata di ieri almeno tre missili hanno colpito la capitale Asmara. Non è chiaro al momento quali siano gli obiettivi colpiti. Secondo l’emittente web Myviewonnews e l’agenzia Morad News, gli ordigni hanno centrato l’edificio del Ministero dell’Informazione, l’aeroporto e un complesso residenziale ad Asmara.

La notizia dell’attacco è stata confermata dall’agenzia Afp che cita un numero imprecisato di “razzi lanciati su Asmara dalla regione dissidente etiope del Tigray”. La radio eritrea d’opposizione Erena, con sede a Parigi, riportando la testimonianza di alcuni abitanti asmarini, parla di un quarto missile che avrebbe colpito la capitale eritrea, che in queste ore è avvolta nel buio per via di un black-out. Fonti vicino al governo eritreo hanno confermato le esplosioni, ma negano che sia stato centrato l’aeroporto sostenendo che “i razzi lanciati dal Tigray hanno mancato i loro obiettivi e le esplosioni sono avvenute alla periferia della capitale senza portare danni a cose e persone”. Testimoni ad Asmara hanno riferito alla Bbc di “avere udito diverse esplosioni di razzi scoppiati alla periferia della città”.

Stamattina il leader della regione settentrionale etiope dissidente del Tigray, Debretsion Gebremichael, ha rivendicato il lancio di razzi avvenuto “contro l’aeroporto della capitale eritrea, Asmara”. Gebremichael ha spiegato che “anche le forze etiopi stanno utilizzando l’aeroporto di Asmara” per far decollare i mezzi usati nei raid contro la regione del Tigray, e quindi lo scalo è un “obiettivo legittimo”.

Impossibile al momento stabilire il bilancio e la portata dell’attacco, ma è evidente che il blitz missilistico partito da territorio etiope rischia di infiammare ulteriormente la guerra nella regione, da giorni divenuta campo di battaglia tra le forze armate di Addis Abeba e reparti dell’esercito fedeli al comando politico militare del Tigray.

La regione settentrionale dell’Etiopia interessata dal conflitto

La guerra è iniziata il 4 novembre, con un’operazione militare lanciata da Addis Abeba al culmine di un periodo di forti tensioni tra il governo etiope, guidato dal premier Abiy Ahmed, Nobel per la Pace 2019, e il Fronte di liberazione del popolo tigrino (Tplf), il partito che domina la regione settentrionale dell’Etiopia, popolata dalla minoranza tigrina. I belligeranti si accusano a vicenda di aver innescato la violenza, quel che è certo è che la dura contrapposizione politica dei mesi scorsi ha lasciato il posto alle armi, con risvolti imprevedibili.

Pochissime notizie e immagini filtrano dalla regione. I collegamenti telefonici e internet sono interrotti. Nella giornata di ieri Amnesty International ha diramato un rapporto secondo cui le operazioni militari condotte dai soldati di Addis Abeba avrebbero già causato “centinaia di civili uccisi”. Notizie, al momento, non confermate.

Le bandiere di Eritrea ed Etiopia. I due paesi sono rimasti coinvolti in una sanguinosa guerra di confine scoppiata nel 1998 e conclusasi con un accordo di pace nel 2018 siglato tra i rispettivi leader politici, l’eritreo Isaias Afewerki e l’etiope Abiy Ahmed (oggi alleati contro lo forze ribelli del Tigray)

Le autorità tigrine avevano ripetutamente accusato l’Eritrea, che confina con il Tigray, di appoggiare le operazioni militari condotte dall’esercito regolare etiopico. In particolare, nei giorni scorsi il Tigray aveva denunciato la presenza di soldati eritrei coinvolti direttamente nel conflitto, precisando di considerare gli scali eritrei «bersagli legittimi». E poco prima del blitz missilistico, il portavoce del TPLF (Tigray People’s Liberation Front) Getachew Ruda, in un’intervista televisiva, aveva minacciato di colpire l’Eritrea se essa avesse continuato a sostenere le forze governative etiopi.

Ieri sera, il clamoroso attacco contro Asmara – seguito alle minacce in diretta tv del ministro della Difesa tigrino contro il presidente eritreo Isaias Afewerki (al potere dal 1993) – rappresenta un preoccupante salto della crisi e segna forse un punto di non ritorno in un’escalation militare che rischia di portare nel caos l’intero Corno d’Africa. Migliaia di civili sono in fuga dai territori interessati dalle violenze. Secondo fonti delle Nazioni Unite, almeno 20 mila Tigrini e Amhara (la popolazione che vive nell’omonimo stato etiopico confinante con il Tigray, anch’esso coinvolto nel conflitto) avrebbero cercato rifugio dai combattimenti oltrepassando il confine con il Sudan. Nel servizio di France24, le immagini di questo esodo di massa di cittadini etiopi in fuga dalla guerra: ennesima crisi umanitaria in una regione che non sembra conoscere pace.

(ultimo aggiornamento: ore 12:10 15/11/2020)

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