Mali: tre confini, la morsa dell’insicurezza si stringe su Ménaka

di Valentina Milani

Di Valentina Giulia Milani

Nel nord-est del Mali, la città di Ménaka è sottoposta a una crescente pressione da parte dei terroristi dello Stato Islamico. A puntare l’attenzione sulla situazione è Radio France Internazionale (Rfi) precisando che lo stato di insicurezza si registra da mesi in tutta la zona dei “tre confini”, ma negli ultimi giorni “la morsa si è pericolosamente stretta sulla città stessa”.

Rfi ricorda che il 12 agosto, 20 civili sono stati uccisi a Esseylel, a meno di 20 chilometri da Ménaka. Tre giorni dopo, lunedì 15 agosto, combattenti dello Stato Islamico in motocicletta hanno rubato del bestiame alle porte della città, creando il panico: il governatore e alcuni amministratori civili si sono rifugiati nel campo militare e vi hanno trascorso la notte.

Da allora la situazione si è calmata ma resta preoccupante: da marzo, tra i 300 e i 700 civili, secondo le fonti, sono stati uccisi nella regione dal gruppo dello Stato Islamico che, secondo le Nazioni Unite, ne controlla tre quarti. “Hanno fatto di Ménaka il loro obiettivo prioritario”, conferma a Rfi un leader di un gruppo armato locale.

A Ménaka sono presenti la coalizione Gatia-Msa, i gruppi armati che hanno firmato l’accordo di pace e sono alleati di Bamako, i caschi blu della Minusma e l’esercito maliano – che non ha risposto alle domande di Rfi – e i suoi ausiliari russi. Si dice che questi ultimi contino attualmente tra i 20 e i 50 uomini, che a volte ma raramente lasciano il loro campo, secondo diverse fonti locali interpellate da Rfi.

Altre fonti della sicurezza maliana affermano di non credere a un’offensiva immediata sulla città. I jihadisti rimasti alla periferia di Ménaka sarebbero alla guida di circa 20 o 30 motociclette, che nella maggior parte dei casi trasportano due uomini armati. Durante le offensive più massicce degli ultimi mesi, ce n’erano diverse centinaia.

Secondo le Nazioni Unite, più di 50.000 sfollati si sono rifugiati nella città, che è “piena fino a scoppiare”, dice un notabile di Ménaka, preoccupato per la situazione umanitaria. E conclude: “Spero che i leader di Bamako abbiano finalmente preso la misura di ciò che sta accadendo qui”.

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