La battaglia sulla nuova moneta africana

di Marco Trovato

Nei prossimi mesi, 15 Paesi dell’Africa occidentale adotteranno una nuova moneta unica: l’eco. Una decisione storica. Che cela un braccio di ferro tra Francia e Cina, interessate entrambe a mantenere e rafforzare i propri interessi economici nell’area.

L’annuncio del presidente francese, insieme al suo omologo ivoriano, di passare dal franco Cfa all’eco è stato un colpo di teatro inatteso. Era il 21 dicembre del 2019, Emmanuel Macron era in visita in Costa d’Avorio e a sorpresa, durante la conferenza stampa congiunta, ha detto: «È stato ascoltando i vostri giovani che ho voluto avviare questa riforma. Il franco Cfa catalizza molte critiche alla Francia. I vostri giovani ci rimproverano per una relazione che giudicano post-coloniale. Quindi rompiamo gli ormeggi».

Il presidente ivoriano, Alassane Ouattara, ha spiegato che questa «è una decisione presa in piena sovranità». Sta di fatto, però, che l’annuncio ha gettato lo scompiglio tra i Paesi dell’Africa occidentale di lingua inglese: Nigeria, Sierra Leone, Ghana, Liberia e Gambia oltre alla Guinea (francofona ma che non adotta il franco Cfa). Sono anni, infatti, che si parla di adottare una moneta unica per tutta quell’area dell’Africa. Tutto sarebbe dovuto avvenire entro quest’anno. Ma ora cosa accadrà? Intanto i Paesi della Zona Monetaria dell’Africa Occidentale, che si sono riuniti nei giorni scorsi, hanno manifestato sorpresa e «preoccupazione» per la volontà di «rinominare unilateralmente» il franco Cfa in eco e hanno chiesto un vertice straordinario dei leader della Cedeao/Ecowas – la comunità regionale, composta da 15 nazioni – per discutere della questione. L’annuncio di Macron getta scompiglio perché l’eco avrebbe dovuto essere la moneta di tutti i quindici Paesi e non solo degli otto che adottano il franco Cfa. Si prefigura una moneta a due velocità? Oppure i Paesi anglofoni dovranno piegarsi al volere della Francia o continuare a fare da soli? Ci saranno due eco, uno garantito dall’euro e l’altro dallo yuan?

Andiamo per ordine. L’anno scorso, durante una riunione dei ministri delle Finanze e dei governatori delle banche centrali dei Paesi della Cedeao che si è tenuta ad Abidjan, gli Stati membri hanno deciso di dotarsi di una nuova moneta, che dovrebbe essere adottata da 15 Paesi e da circa 350 milioni di persone, che si chiamerà “eco” e dovrebbe entrare in vigore nel 2020, decretando la fine del predominio francese in quell’area. Non è ancora chiaro se la Nigeria, prima economia del continente, aderirà al progetto. Di certo la nuova moneta è voluta, in maniera insistente, dal Ghana, Paese anglofono che ha una sua moneta (il cedi), e da alcuni Stati che gradualmente stanno cercando di affrancarsi da Parigi e quindi dal franco Cfa, o che sono, anche se non in maniera dichiarata, “ostili” alla Francia.

Ma ciò che colpisce di più – ogni Paese e ogni Comunità economica ha il pieno diritto di decidere le proprie politiche monetarie – è che la nuova moneta, l’eco, potrebbe essere ancorato allo yuan cinese, per evitare oscillazioni pericolose per i mercati.  Ciò che è accaduto con il franco Cfa ancorato all’euro. Il progetto di moneta unica della Cedeao è fortemente voluto dal Ghana, Paese con una moneta abbastanza instabile. Basta guardare i dati dell’inflazione: in Ghana si attesta intorno al 9%, ma nel 2016 ha toccato il 19% – oscillazioni importanti – mentre nei Paesi che adottano il franco Cfa è stata abbastanza stabile: in Costa d’Avorio oscilla tra l’1 e il 2%.

 

IN VERDE l’attuale area del franco CFA dell’Africa occidentale
IN ROSSO Altri Paesi che potrebbero aderire all’ECO
fonte: Wikipedia

 

L’Africa occidentale, se non tutta, vorrebbe passare, con questa decisione, dalla tutela francese a quella cinese. Ciò dimostra, inoltre, che per questi Paesi non è pensabile garantire la stabilità monetaria senza l’ancoraggio a una moneta forte. Il franco Cfa, negli anni, ha garantito proprio questo: stabilità e bassa inflazione, a differenza di ciò che è accaduto nei Paesi dell’area con una moneta propria: il Ghana, ancora, ne è un esempio.

Ci sono due dati che occorre tenere ben presente per capire cosa c’è in gioco con l’adozione di una moneta unica. Il primo: il Ghana è il principale partner commerciale della Cina nell’area. Il commercio bilaterale è passato da meno di 100 milioni di dollari nel 2000 a 6,7 miliardi nel 2017. Il secondo: metà della massa monetaria della Comunità economica dell’Africa occidentale circola in Costa d’Avorio e il 40 per cento delle merci viene movimentata attraverso il porto di Abidjan. La Costa d’Avorio, inoltre, con la visita di Macron ha voluto rafforzare il suo legame con la Francia. Due visioni che contrastano e che si riverberano sulla moneta unica.

L’eco, così come concepito in origine, non è nient’altro che la normale evoluzione delle relazioni tra Cina e Africa e il marchio del neocolonialismo di Pechino. E potrebbe rappresentare, per l’Occidente, in particolare per la Francia, il baratro dal punto di vista della sua influenza su quell’area del continente.

Macron, però, non ci sta e rilancia. Il colpo di teatro arriva, infatti, durante la visita ufficiale prenatalizia del presidente francese in Costa d’Avorio – Paese che a ottobre andrà alle urne per scegliere il nuovo presidente. Parigi, con l’annuncio dell’abbandono del franco Cfa – la cosiddetta “moneta coloniale” – intende mantenere buoni legami e far tacere sul nascere ostilità che nuocciono a entrambi i Paesi. Durante la visita, tuttavia, non sono stati specificati i tempi e i modi del passaggio all’eco. Di certo questa moneta verrà adottata – forse entro il 2020 – soltanto dagli otto Paesi dell’Umeoa, l’Uione economica e monetaria dell’Africa occidentale  – Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Guinea-Bissau, Mali, Niger, Senegal e Togo – escludendo i Paesi della Comunità economica e monetaria dell’Africa centrale (Cemac), cioè Camerun, Ciad, Gabon, Guinea Equatoriale, Repubblica Centrafricana e Repubblica del Congo. Tutto ciò potrebbe rappresentare un primo segnale di cambiamento della politica francese verso le ex colonie.

Il cambio della moneta sarà accompagnato da due importanti riforme tecniche: l’estinzione del conto operativo depositato presso la Banca di Francia e il ritiro dei rappresentanti francesi presenti negli organi della Banca centrale degli Stati dell’Africa occidentale. La mossa di Macron tende, inoltre, a spiazzare i cinesi e quei Paesi dell’Africa occidentale che vogliono fortemente la nuova moneta, ma agganciata allo yuan. Sembrerebbe, infatti, che la nuova valuta dovrebbe mantenere una parità fissa con l’euro e la sua garanzia di convertibilità sarà ancora fornita della Banca di Francia. Insomma una partita a scacchi di cui non si conosce ancora il vincitore.

(Angelo Ravasi)

 

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