Nel bel mezzo di una baraccopoli, allevano polli e capre, coltivano frutta e verdura. Sono i giovani di Huruma, impegnati a trasformare un inferno di lamiere in una realtà produttiva e sociale che crea lavoro e sfama i più poveri
Huruma è una bidonville di Nairobi, una distesa di baracche e di piccoli vicoli invasi da rifiuti e liquame. Proprio qui si è sviluppata un’attività che cerca di sovvertire l’ordine delle cose: ne sono protagonisti ragazzi tra i 18 e i 23 anni riuniti nello Huruma Town Youth Group, che hanno deciso di creare una fattoria dentro alla baraccopoli per provare a dare una risposta alla disoccupazione e alla malnutrizione.
La slum farm sorge in una zona malfamata dove fino a cinque anni fa i ragazzi si trovavano a sniffare colla. Adesso è un’oasi verde dove scorrazzano capre, galline e faraone. «Questa fattoria è la nostra ancora di salvezza», spiega al Guardian Kevin Uduny, che assieme a quattro amici è all’origine dell’attività. «Abbiamo cominciato coi polli e un piccolo orto con l’obiettivo di procurare cibo alle persone più vulnerabili. Poi, con dei finanziamenti statali abbiamo preso le capre da latte. Ora, grazie alla vendita dei nostri prodotti siamo riusciti a prendere altri animali».
Al momento, nella piccola fattoria lavorano in otto. I giovani sono riusciti a sfruttare al meglio il poco spazio disponibile. «Il bestiame consuma i rifiuti freschi di frutta e verdura, mentre gli scarti del raccolto vengono utilizzati per fare il compost, che viene reimmesso nella coltivazione. Non possiamo permetterci di buttare via nulla».
Gli allevamenti urbani stanno diffondendosi esponenzialmente in tutto il Kenya. Secondo le stime, il numero di famiglie che hanno in casa animali da cui ottengono cibo e fonte di guadagno sono oltre 2 milioni, e le proiezioni danno un aumento fino a 6 milioni entro il 2050. Nel 2015 il governo della contea di Nairobi ha riconosciuto l’importanza dell’agricoltura urbana istituendo una legge che promuove e regolamenta allevamento e coltivazione per il miglioramento della sicurezza alimentare della fascia più povera della popolazione. Conclude Kevin: «Riusciamo a mantenere le nostre famiglie, e questo ci dà un’enorme felicità. Preghiamo Dio perché la nostra fattoria cresca e, attraverso i nostri prodotti e il nostro progetto, sempre più persone possano provvedere al proprio fabbisogno e trovino anche un’occupazione».
(Daniele Bellocchio)
Foto di Luis Tato per The Guardian