Jihad in Mozambico, l’Africa meridionale si mobilita

di Valentina Milani

I Paesi membri della Comunità di sviluppo dell’Africa australe (Sadc) invieranno un sostegno militare al Mozambico per combattere gli estremisti jihadisti di al-Shabab, milizia che si dice affiliata allo Stato Islamico e che sta sconvolgendo il nord del Paese da quattro anni, in particolare nella provincia di Cabo Delgado.

Ad annunciarlo è stato il segretario esecutivo della Sadc, Stergomena Tax, che, alla fine di un summit di un giorno a Maputo, ha detto che il blocco di 16 Paesi dell’Africa meridionale ha approvato il dispiegamento di una Forza di pronto intervento a sostegno del Mozambico.

Una decisione che diventa chiaro segnale di quanto la situazione nella provincia di Cabo Delgado stia peggiorando. In Mozambico è in corso dal 2017 una crisi che è a stento salita agli onori delle cronache mondiali solo a fine marzo di quest’anno quando la città di Palma, situata nella provincia settentrionale di Cabo Delgado, è stata assediata dai jihadisti.

Quattro anni fa, nella zona, è incominciata un’insurrezione islamista con l’obiettivo di creare un caposaldo del jihad nell’Africa subsahariana. Negli ultimi anni diverse organizzazioni di difesa dei diritti umani hanno denunciato gravi violazioni e atti barbari, come la decapitazione di bambini e donne. La crisi ha generato – e continua a generare – un gran numero di sfollati.

Tra le ultime denunce quella di Save the Children secondo la quale almeno 51 bambini, la maggior parte dei quali bambine, sono stati rapiti da gruppi armati non statali nella provincia settentrionale di Cabo Delgado negli ultimi 12 mesi. L’organizzazione ha precisato che poiché le cifre riflettono solo i casi riportati, si stima che il numero reale di rapimenti di bambini sia molto più alto.

Il report di Save the Children sulla violenza a Cabo Delgado, basato sui dati raccolti dall’Armed Conflict Location & Event Data Project (Acled), mostra che il rapimento di bambini è diventato una nuova e allarmante tattica dei gruppi armati coinvolti nel conflitto. Prima del 2020 – segnala l’organizzazione di difesa dell’infanzia – non si registravano uccisioni di bambini o rapimenti da parte di gruppi a Cabo Delgado.

Save the Children ricorda che 700.000 persone, tra cui almeno 364.000 bambini, sono ora sfollati nelle province di Cabo Delgado, Nampula, Niassa, Sofala e Zambezia a causa della violenza e dell’insicurezza. Almeno 2.852 persone sono morte nel conflitto, inclusi 1.409 civili.

Cornice di tali violazioni è una zona, il Nord del Mozambico, complessa nella quale si registrano i più elevati tassi di analfabetismo, disuguaglianza sociale e malnutrizione del Paese. È povera di infrastrutture e servizi primari, ma ricca di materie prime, con enormi giacimenti di gas naturale, miniere di grafite, rubini e altre risorse. Nel 2010 sono stati scoperti grandi giacimenti di gas davanti alle coste di Capo Delgado.

Come ha scritto monsignor Claudio Dalla Zuanna, arcivescovo di Beira in Mozambico, “l’inizio dello sfruttamento di queste risorse ha creato una grande aspettativa e alimentato il sogno di una facile ricchezza. Ma la gente del posto si è vista ben presto privata di questo sogno: dagli spostamenti forzati per fare posto ai cantieri, all’assegnazione dei diritti di sfruttamento dei rubini e altre materie prime a ditte legate all’élite governativa, fino all’uso della forza per reprimere proteste e garantire il rispetto delle concessioni fatte a interessi stranieri ed élite”.

Un elemento che ha fatto esplodere malcontenti e tensioni sociali nelle quali si sono insinuate le correnti dell’estremismo islamico. Dalla Zaunna ricorda infatti che “ad aver dato inizio alle recenti azioni violente sembrano essere stati giovani coinvolti nel processo in atto di islamizzazione dell’Africa che, tra le iniziative, favorisce la formazione di giovani in Paesi islamici secondo una linea radicale. Ma il numero elevato di persone che si sono via via unite a coloro che, fino a poco tempo fa, erano chiamati gli “insorti”, sono giovani di altre regioni del Nord del Paese, non necessariamente di religione islamica, attratti da quello che sembra essere un lavoro ben pagato, almeno nei primi tempi”.

Cabo Delgado è infatti una delle poche province a maggioranza musulmana, ma è un Islam moderato che, da sempre, segue una tradizione sufi. Musulmani e cristiani hanno sempre convissuto pacificamente, spiegano i missionari locali, fino appunto all’esplosione di violenza degli ultimi anni. Attriti che rischiano di creare una diffidenza (se non un odio) tra comunità che può lasciare strascichi per anni.

(Valentina Giulia Milani)

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