Ilaria Alpi, 25 anni di dubbi e depistaggi

di Enrico Casale
Ilaria Alpi e Miran Hrovatin

Chi uccise Ilaria Alpi e Miran Hrovatin? E perché? A 25 anni dal loro omicidio sono ancora queste le due domande che si pongono gli inquirenti e le famiglie dei due giornalisti. Ilaria e Miran furono uccisi vicino all’hotel Manama di Mogadiscio nord, il 20 marzo 1994. Caddero in un agguato e vennero finiti con un colpo in testa. Una vera esecuzione, come improvvidamente concluse la commissione parlamentare d’inchiesta presieduta dall’avvocato Carlo Taormina. Un doppio omicidio che però resta impunito e circondato dal mistero.

L’unico a finire in galera fu Omar Hassan Hashi che venne travolto dall’inchiesta per caso e scontò, in base alle dichiarazioni del «supertestimone» Gelle, una pena di 17 anni in cella. Fino al 2015, quando Chi l’ha visto scovò Gelle in Inghilterra. «Mi sono inventato tutto – disse –, gli italiani mi avevano promesso dei soldi che non ho mai visto». Di conseguenza Hashi fu assolto «per non aver commesso il fatto».

Sarà tuttavia difficile, se non impossibile, trovare oggi i colpevoli. Anche perché in questi 25 anni, tra indagini carenti e veri e propri depistaggi, non c’è mai stata l’impressione di una volontà di risolvere il caso Alpi. Forse perché significherebbe che le domande a cui rispondere sarebbero troppe e troppo scottanti. E trovare risposte sulla malacooperazione, sul traffico di armi e di rifiuti tossici. Tre piste che la giornalista Rai seguiva con coraggio.

Ilaria aveva messo nel mirino lo spreco degli aiuti italiani, gli interventi finanziati solo per ingrassare i politici della Prima Repubblica e i loro lacchè. Ma anche l’invio di veleni nel Corno d’Africa, accolti dalle fazioni somale in cambio di partite di armi che arrivavano a Mogadiscio e Bosaso. Il quarto possibile movente, finora mai esplorato e forse il più inquietante, porta alla pedofilia. Ilaria Alpi, secondo il carabiniere Francesco Aloi (poi deceduto), era venuta a sapere di violenze sessuali e pedofilia. Armi, corruzione, violenze. Uno scenario oscuro che Ilaria Alpi tentò di illuminare. Finché qualcuno decise di spegnere la sua luce.

In questi giorni, saranno molte le iniziative in ricordo di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. La prima si è tenuta martedì a Trieste, alle 15: nella sede della Fondazione che porta il nome dell’operatore Rai (accanto a quelli di Marco Luchetta, Sasa Ota e Dario D’Angelo, uccisi poche settimane prima a Mostar) si è svolta una breve cerimonia con rappresentanti della Fnsi e dell’Ordine dei giornalisti. La moglie di Miran ha mandato un messaggio. Oggi, a Roma, si svolgerà invece il ricordo ufficiale: la Camera, nell’Aula del Palazzo dei gruppi parlamentari, ospiterà il convegno “Noi non archiviamo. Il giornalismo d’inchiesta per la verità e la giustizia”, organizzato dalla Fnsi. Parteciperà anche il presidente della Camera, Roberto Fico. In serata (Libreria del Viaggiatore, via del Pellegrino 165, ore 18.30) sarà presentato il libro Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, depistaggi e verità nascoste a 25 anni dalla morte (RoundRobin), opera collettiva a cura di Luciano Scalettari e Luigi Grimaldi. Venerdì 22 marzo, in Trastevere (Wegil, largo Ascianghi 5, ore 18), si svolgerà “Per Ilaria e Miran”, incontro-dibattito con alcuni giornalisti del Tg3 organizzato da Fnsi, Articolo 21 e Premio Morrione. Nell’occasione sarà presentato anche un video su Giorgio Alpi, papà di Ilaria, realizzato da Ferdinando Vicentini Orgnani, con musiche di Paolo Fresu. La mobilitazione proseguirà su Facebook: la pagina intitolata alla giornalista Rai invita a condividere l’hashtag #noinonarchiviamo.

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