I vecchi arsenali libici alimentano il traffico illegale di armi in tutto il Sahel

di claudia

Con la ripresa dei combattimenti si rinnova la necessità, per i gruppi armati e i jihadisti della regione, di approvvigionarsi di nuove armi attraverso canali illegali e clandestini.

di Angelo Ferrari – Agi

I conflitti e il proliferare di gruppi armati jihadisti ha dato nuovo impulso al traffico illegale di armi nel Sahel. Un traffico che, secondo gli analisti del settore, prende le sue origini in Libia, ma coinvolge altre fonti di approvvigionamento.

La conseguenza è un’escalation di violenze in tutta la regione. A certificarlo un rapporto della rivista Africa Defense Forum (Adf), che spiega come dopo una relativa diminuzione di questi traffici, la ripresa dei combattimenti, che si sono fatti sempre più cruenti nel Sahel, ha portato con sé la necessità, per i gruppi armati e i jihadisti della regione, di approvvigionarsi di nuove armi attraverso canali illegali e clandestini, ma anche attraverso attacchi diretti alle scorte degli eserciti regolari.

Secondo Hassane Koné, ricercatore senior presso l’Institute for Security Studies (Iss), “la presenza militare nel nord del Niger e lo scoppio della seconda guerra civile in Libia nel 2014 hanno rallentato il flusso di armi verso sud. Con l’aumento della domanda di armi in Libia, i gruppi jihadisti hanno guardato altrove, intensificando gli attacchi alle caserme dell’esercito in Burkina Faso, Mali e Niger per saccheggiare le loro scorte di armi e munizioni”. Tutto ciò è aggravato, inoltre e nonostante l’embargo sulle armi in Libia, dalla circolazione delle armi appartenenti alle ingenti scorte del regime di Gheddafi, che circolano in particolare nel Sahel. Non è un caso che molti dei gruppi armati ribelli e terroristici abbiano la loro zona di “rifugio” proprio in Libia.

Secondo uno studio condotto da Conflict Armament Research (Car), un’organizzazione investigativa che monitora il movimento di armi, munizioni ed esplosivi nelle zone di conflitto, ci sono molte armi in circolazione all’interno e intorno al Sahel.

L’organizzazione stima in un rapporto che il 17% delle armi sequestrate ai ribelli legati a Boko Haram nel sud-est del Niger sono state dirottate dalle scorte in Ciad, Niger e Nigeria. Inoltre, le armi usate da gruppi estremisti in Burkina Faso e Mali sono state attribuite anche ai soldati nazionali della regione. “Ci si possono aspettare vittime sul campo di battaglia, ma il rischio sorge quando le armi vengono recuperate da attori non autorizzati che possono quindi facilitarne l’uso improprio o dirottarle su altri scenari”, ha scritto Ashley Hamer, Field Investigator del Car, per Inkstick Media. Hamer, inoltre, stima che quasi la metà delle armi che continuano a circolare nel Sahel e che vengono utilizzate dai terroristi provengano da scorte statali dagli anni ’70 agli anni ’90.

I ricercatori del Car affermano che le armi più recenti esaminate nei sequestri nel Sahel provengono generalmente da quattro fonti principali: traffico illegale attraverso la Libia, perdite sul campo di battaglia dovute a raid contro le forze di sicurezza in Burkina Faso, Ciad, Mali, Niger e Nigeria, pistole e fucili di contrabbando venduti al mercato nero dell’Africa settentrionale e occidentale, deviazione di armi da fuoco ed esplosivi legalmente importati nel Sahel.

Con l’aumento del traffico di armi nel Sahel, sono cresciute anche le risposte delle autorità governative, regionali e internazionali. Nel 2017 l’Unione Africana ha lanciato un’iniziativa denominata “Silenziare le armi” entro il 2020. Il termine è stato superato ed è stato prolungato al 2030. L’Unione Europea ha lanciato l’Operazione Irini nel 2020 per far rispettare l’embargo sulle armi imposto dall’Onu alla Libia dopo la seconda guerra civile libica. L’organizzazione internazionale di polizia Interpol è riuscita ad arginare il proliferare del traffico illegale di armi in Africa attraverso la collaborazione con Afripol e l’Onu. A giugno, l’operazione Trigger VIII ha recuperato 480 armi da fuoco, identificato e smantellato 14 reti criminali organizzate e ha visto arrestare 42 persone per reati connessi al traffico di armi da fuoco.  

Gli esperti raccomandano una maggiore trasparenza e collaborazione nel rintracciare il materiale sequestrato, tra produttori, autorità di importazione ed esportazione, forze dell’ordine e investigatori forensi.

Angelo Ferrari – Agi

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