Centrafrica: elezioni a ogni costo e il “business conflict model”

di Celine Camoin

Qualcuno le aveva ribattezzate “elezioni municipali” per indicare, metaforicamente, la reale dimensione del voto che questo 27 dicembre, in Repubblica Centrafricana, è stato convocato per eleggere il presidente della Repubblica, tra 16 candidati, e i deputati dell’Assemblea nazionale. Un voto mantenuto nonostante il sollevamento armato di una nuova alleanza di vecchi gruppi ribelli, la Coalizione per il cambiamento (Cpc), che ha provocato 55.000 sfollati in meno di due settimane e la morte – si suppone – di tre caschi blu burundesi uccisi venerdì in un attacco a Dekoa, a 250 chilometri a nord dalla capitale Bangui.

A Bangui, metropoli di 900.000 abitanti posta sotto la sorveglianza incrociata delle forze internazionali della Minusca (acronimo della Missione di stabilizzazione delle Nazioni Unite, presente dal 2014), dei contractors russi (presenti dal 2017) e delle rinascenti Forze armate centrafricane (Faca), le operazioni si sono svolte nella calma e hanno registrato una folta partecipazione dei cittadini, stanchi di sopravvivere tra paura e instabilità. È soprattutto nel tumultuoso quartiere popolare Pk 5, a maggioranza musulmana, che si sono registrati problemi, legati, secondo quanto denunciato dai votanti, all’assenza di schede per l’elezione parlamentare. Fonti locali denunciano inoltre casi di acquisto di voti, in cambio di denaro, da parte di alcuni candidati.

Dal resto del Paese, di cui il 70% è controllato da gruppi armati non governativi, sono giunte testimonianze che dipingono uno scenario disomogeneo. A fine giornata però, il Comitato strategico per la sicurezza delle elezioni, un organo governativo, ha elogiato lo «slancio patriottico» e la «determinazione della popolazione ad andare a votare nonostante le minacce dei gruppi armati».

Intanto, per la prima volta ieri, l’ex presidente François Bozizé, accusato dal governo uscente e dalla comunità internazionale di appoggiare la Cpc per fomentare un golpe, si è apertamente dichiarato a favore della ribellione anti-elezioni. Bozizé, considerato il principale avversario del presidente uscente, ma la cui candidatura è stata invalidata dalla Corte Costituzionale, ha anche lanciato un appello al boicottaggio, sebbene avesse precedentemente invitato i suoi sostenitori a votare per il candidato Anicet G. Dologuele.

A Bambari, seconda città del Paese, la radio Ndeke Luka ha riferito di una situazione confusa, con la presenza di gruppi armati in alcuni seggi, mentre fonti dell’Onu hanno diffuso immagini di lunghe e composte file di aventi diritto. A Bria, nell’est, uomini armati hanno sparato colpi d’arma da fuoco per impedire il voto, ma sarebbero stati messi in fuga dalla Minusca. Nessun seggio ha aperto i battenti a Bossangoa, dove i membri dell’autorità elettorale sono stati minacciati. A Bozoum, nel nordovest, a causa di spari uditi durante la mattinata, pochissime persone sono andate a votare. Stesso scenario a Bouar, dove alcune fonti riferiscono di saccheggi e materiale elettorale incendiato, mentre i seggi sono stati regolarmente aperti a Baoro. Niente voto a Koui, Bocaranga, Dekoa, Bakala, Kouango. Notizie di svolgimento nella calma, secondo la Rete dei giornalisti per i diritti umani, sono invece arrivate dalle città di Carnot, Berberati (terza e quarta città del Paese), Mbaiki, Ndele, Obo, Boali. Per motivi tecnici e logistici, i circa 600.000 profughi centrafricani all’estero non hanno preso parte alle elezioni.

La giornata elettorale è trascorsa nel miglior modo possibile, considerando il contesto e i toni bellici degli ultimi giorni. L’appoggio dei partner internazionali, dal quale dipende l’embrione di Stato istituzionale e dal quale dipendono molti centrafricani appesi agli aiuti umanitari, è stato fondamentale, sia dal punto di vista economico che umano. Cosa succederà nei prossimi giorni con l’annuncio dei risultati, resta tutto da vedere. Il candidato favorito, il presidente Faustin Archange Touadera, considera sicuramente questo 27 dicembre una sua prima vittoria.

Solo cinque milioni di abitanti, una miriade di gruppi armati, uno Stato ingestibile: il «business conflict model»

Thierry Vircoulon, ricercatore dell’Istituto francese per le relazioni internazionali (Ifri) vede nel panorama centrafricano un «business conflict model» che molti, troppi, hanno interesse a vedersi protrarre nel tempo. La nota dell’analista intitolata “Ecosistema dei gruppi armati”, dell’ottobre 2018, è ancora attuale, nonostante un accordo di pacificazione (già violato) sia stato raggiunto nel 2019 a Khartoum dal governo e da 14 gruppi armati.

«Dal 2013 i gruppi armati sono i veri “padroni” della Repubblica Centrafricana. L’ecosistema dei gruppi armati – sostiene Vircoulon – rimane fondamentalmente aperto per tre ragioni principali. In primo luogo, in uno spazio politico caratterizzato dall’estrema povertà e dall’inversione del contratto sociale, il “business conflict model” dei gruppi armati è molto attraente, persino per gli attori politici a Bangui e per le comunità in cerca di protezione e di mezzi di sussistenza. È un modello autosufficiente poiché l’insicurezza diventa una risorsa economica. In secondo luogo, mentre il rapporto tra governo e gruppi armati è spesso rappresentato in modo antagonista, in realtà contiene aree di cooperazione. Terzo, gli attori che dovrebbero contenere e combattere questo “modello di conflitto affaristico”, ovvero le potenze straniere e le forze di pace, stanno perseguendo una politica che tacitamente o esplicitamente lo incoraggia.

Poiché il conflitto nella Repubblica Centrafricana è una lotta economica generalizzata e sempre più comunitaria –  scrive ancora Vircoulon  – le rivendicazioni dei gruppi armati sono essenzialmente rivendicazioni economiche volte alla legittimazione politica del loro controllo sulle risorse di determinati territori. Ma oltre a queste risorse, chiedono anche l’accesso alle risorse statali».

La questione è ancora aperta ed è riaffiorata con la nuova coalizione Cpc-Bozizé. Negoziare ancora o andare allo scontro, sarà la prima sfida dei vincitori delle elezioni. 

(Céline Camoin)

[Immagine in evidenza: dall’account Twitter della Minusca]

Condividi

Altre letture correlate: