di Céline Camoin
In Camerun è in corso un confronto acceso tra i sostenitori del presidente Paul Biya e alcuni vescovi cattolici, che criticano una sua possibile ricandidatura alle elezioni del 2025 dopo 42 anni al potere.
È in corso in Camerun un braccio di ferro tra i sostenitori del presidente Paul Biya e alcuni vescovi della Chiesa cattolica, che nel corso delle ultime settimane hanno pubblicamente preso posizione contro un’eventuale candidatura di Byia – 92 anni, di cui 42 sulla poltrona presidenziale – alle prossime elezioni previste entro la fine di quest’anno.
Dopo monsignor Samuel Kleda, arcivescovo di Douala, che a dicembre ha deplorato l’assenza di democrazia nel Paese e di elezioni che saranno sicuramente manipolate, monsignor Paul Lontsie-Keune, vescovo della diocesi di Bafoussam, ha invitato i cristiani a impegnarsi attivamente nella gestione della cosa pubblica e a votare contro il regime di Paul Biya alle elezioni. Il vescovo ha insistito sul fatto che le scelte elettorali del 2025 non devono essere guidate da compiacenza o connivenza, ma dal desiderio di costruire un futuro migliore per il Camerun.
Un’omelia particolarmente animata è stata quella di monsignor Barthelemy Yaouda Hourgo, vescovo di Yagoua, nell’Estremo Nord, che provocatoriamente, davanti ai fedeli, ha dichiarato, denunciando le sofferenze dei camerunesi, che la situazione non potrebbe essere peggiore di quella attuale, persino se dovesse essere il diavolo a prendere il potere. Monsignor Emmanuel Abbo, vescovo di Nagoundere, ha dal canto suo paragonato lo Stato a un “rullo compressore”, denunciando in particolare la repressione delle voci dissidenti.
I leader della Chiesa cattolica del Camerun sono in questi giorni riuniti a Buea per il loro seminario annuale. In molti si chiedono se si esprimeranno con un’unica voce sulla situazione politica del Paese.
Intanto, hanno già reagito diversi sostenitori del presidente Biya. Jean de Dieu Momo, ministro con delega presso il ministero della Giustizia, ha scritto ai vescovi ricordando che il Camerun è uno Stato laico in cui vige un contratto tra lo Stato e la Chiesa, basato su un equilibrio: lo Stato non interferisce negli affari religiosi e la Chiesa si astiene dall’ingerenza diretta nella politica. “Le recenti posizioni di alcuni presuli, espresse nel contesto delle elezioni presidenziali del 2025 in corso, meritano una riflessione approfondita.
Quando i vescovi, figure emblematiche della morale e della fede, si permettono di fare dichiarazioni che rasentano l’invito alla disobbedienza civile, o addirittura alla rivolta, rischiano di indebolire le basi stesse di questo equilibrio”. Momo ha preso di mira in particolare le parole del vescovo Yaouda per la sua frase sul diavolo. L’esponente del governo ha ammonito i vescovi, ricordando che “lo Stato camerunese, garante dell’ordine pubblico e della sovranità nazionale, ha potere coercitivo per proteggere le sue istituzioni e far rispettare le sue leggi. Le autorità hanno il dovere di intervenire se gli attori, religiosi e non, trasgrediscono i limiti fissati dalla legge. La Chiesa non può essere al di sopra di queste regole. Qualsiasi attacco ai fondamenti della laicità è soggetto a sanzioni legali, perché nessuna entità, nemmeno religiosa, può indebolire la coesione sociale in nome della fede o della politica”.
Nella comunità musulmana, sono emersi pareri discordanti, tra chi sostiene la candidatura di Biya e il mantenimento dell’ordine attuale, e chi difende le denunce dei vescovi, motivate da questioni di giustizia sociale.
Il ministro delle Comunicazioni e portavoce del governo, René Emmanuel Sadi, ha pubblicato un comunicato in cui dichiara che “il governo deplora profondamente la veemenza di alcune dichiarazioni focalizzate esclusivamente su questioni presidenziali e basate su un’interpretazione fuorviante e inesatta delle parole del Presidente della Repubblica”. Il presidente ha accennato al suo desiderio di continuare a servire i camerunesi nel suo discorso di fine anno, ma, lascia intendere il portavoce, non significa automaticamente che sarà candidato. Ha suggerito che i vescovi evitino di monitorare il governo. Ha detto che, data la laicità dello Stato camerunese, le due istituzioni dovrebbero coesistere in armonia e pace. Ha rassicurato che: “Non esiste alcun conflitto tra il governo e le confessioni religiose”.