Africa, il potenziale dell’agricoltura rigenerativa

di Valentina Milani
Agricoltura fra tradizione e modernità

L’adozione diffusa dell’agricoltura rigenerativa nell’Africa subsahariana potrebbe generare una media di 70 miliardi di dollari di valore aggiunto lordo all’anno entro il 2040, secondo un rapporto pubblicato a novembre dall’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn) e dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc).

Il rapporto riferisce che l’agricoltura rigenerativa è un metodo di produzione agricola che riunisce un insieme di pratiche il cui obiettivo primario è quello di migliorare in modo naturale la qualità dei suoli o di ripristinare la fertilità dei suoli malati o impoveriti.

Le pratiche associate all’agricoltura rigenerativa includono l’uso di fertilizzanti naturali, la pacciamatura, la rotazione delle colture, le colture di copertura e i sovesci, l’eliminazione dell’uso di prodotti fitosanitari, l’assenza di lavorazione del terreno, l’agricoltura mista e le misure di controllo dell’erosione come siepi, dighe e microdighe per la gestione dell’acqua piovana e il mantenimento delle falde acquifere.

Il valore aggiunto lordo che potrebbe essere generato dalle pratiche agricole rigenerative a sud del Sahara deriverebbe dalla produzione agricola stessa per un valore di 30 miliardi di dollari, oppure dall’industria agroalimentare e da altri settori collegati per un valore di circa 40 miliardi di dollari.

Sulla base di una modellizzazione prudente, il rapporto rileva inoltre che le pratiche agricole rigenerative potrebbero aumentare le rese agricole nei Paesi dell’Africa subsahariana del 4-17% entro il 2030 e fino al 65% entro il 2040 rispetto alle rese dell’agricoltura convenzionale.

Secondo la medesima fonte, l’adozione dell’agricoltura rigenerativa potrebbe creare un milione di posti di lavoro a tempo pieno nella regione entro il 2030 e quasi 5 milioni di posti di lavoro entro il 2040.

Queste opportunità di lavoro potrebbero essere maggiori nelle sottoregioni dell’Africa occidentale e orientale, con rispettivamente 1,8 e 2,2 milioni di posti di lavoro aggiuntivi a tempo pieno entro il 2040. Questo – viene sottolineato nel rapporto – è dovuto in particolare al grande peso economico del settore agricolo (circa il 25% del Pil in Africa occidentale e occidentale rispetto al 17% dell’Africa centrale e solo al 4% dell’Africa meridionale) e alle dimensioni delle popolazioni di queste due subregioni rispetto alle altre.

Osservando che quasi il 50% dei terreni coltivati nell’Africa subsahariana è gravemente degradato o completamente esaurito, il rapporto sottolinea anche che l’adozione diffusa dell’agricoltura rigenerativa ha il potenziale per migliorare la sicurezza alimentare nella regione, riducendo i prezzi dei prodotti alimentari del 16-24% entro il 2040 rispetto ai prezzi che verrebbero applicati se gli agricoltori africani mantenessero i metodi di produzione convenzionali.

Entro il 2040, l’agricoltura rigenerativa potrebbe anche aumentare il consumo alimentare pro capite del 13%, ridurre la spesa alimentare delle famiglie africane del 5-15% e aumentare l’apporto calorico pro capite del 16%.

Su un altro piano, questa agricoltura, basata sulla conservazione dell’attività biologica nel suolo e sulla preservazione della sua struttura, potrebbe sequestrare grandi quantità di anidride carbonica (CO2), rendendola una soluzione efficace e a basso costo per combattere il cambiamento climatico. Entro il 2040, il suo “beneficio in termini di carbonio” nell’Africa subsahariana potrebbe corrispondere a un aumento di 4,4 gigatonnellate di CO2 equivalente (GtCO2e) immagazzinate nel suolo. Inoltre, 106 megatonnellate di CO2 equivalente (MtCO2e) potrebbero essere sequestrate ogni anno attraverso il ripristino di terreni degradati da parte di sistemi agroforestali.

Gli esperti dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura e della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici riferiscono che diverse aziende multinazionali e africane, tra cui Anheuser-Busch InBev (AB InBev), Nespresso, Olam, Touton e Twiga Foods, stanno già raccogliendo i benefici dell’agricoltura rigenerativa nell’Africa sub-sahariana, con programmi che raggiungono più di 100.000 agricoltori e che hanno già portato ad aumenti di resa che vanno dal 68% al 300%.

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