Sudan, si apre un nuovo dialogo?

di Enrico Casale
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I leader dei movimenti civili di opposizione e i militari in Sudan avrebbero accettato di riprendere i colloqui al più presto. Ad affermarlo, un membro della missione etiopica che sta mediando tra le parti. L’opposizione avrebbe acconsentito a sospendere la campagna di disobbedienza e gli scioperi diffusi. Mai come in questo caso, però, la prudenza è necessaria.

L’affermazione del mediatore etiopico secondo cui i colloqui riprenderanno «presto» è positiva, ma va capito che cosa significa «presto» e da come saranno portati avanti questi confronti. Le forze di opposizione per la libertà e il cambiamento insistono sul fatto che, se i colloqui riprenderanno, questi non saranno faccia a faccia militari-civili, ma saranno portati avanti da mediatori internazionali che faranno la spola tra i rappresentanti delle forze armate e quelli della società civile. In questo caso, sebbene sia positivo il confronto, ci si troverebbe comunque di fronte a un passo indietro rispetto ad alcune settimane fa, quando i colloqui erano diretti.

D’altra parte è anche vero che lo sciopero generale non può essere portato avanti a tempo indeterminato perché il Sudan è uno dei Paesi più poveri al mondo e la gente non può stare a lungo senza lavorare e senza percepire un reddito. La situazione sul terreno, poi, è ancora difficile. Le milizie delle Forze di supporto rapido imperversano sulle strade. I civili temono le violenze continue. Violenze che in questi giorni non sono affatto cessate. Molte persone sono state uccise, secondo l’opposizione, ma i cadaveri sono stati nascosti.

Se questo è il quadro generale, ci si può chiedere dove potrebbero portare eventuali negoziati. I militari cederanno il potere a un governo civile? In che forma? Quale sarà il loro ruolo nei prossimi mesi e nei prossimi anni? Al momento i generali non sembrano disposti a farsi da parte né ora né in un futuro immediato.

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