Scienza e tecnologia, sempre più donne africane sognano in grande

di claudia
Ozak esu

di Mariachiara Boldrini

Avevano sogni che sembravano impossibili, ma hanno cercato una strada per renderli realtà. Sempre più donne africane eccellono nelle materie STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica), ma lavorano anche per appassionare le nuove generazioni.

Sono sviluppatrici di software, neurochirurghe e scienziate nucleari, ma anche chimiche, data scientist e biologhe molecolari. Nella vita studiano organismi geneticamente modificati o sequenziano i genomi dei virus, molte hanno carriere diversificate e da ingegnere hanno saputo reinventarsi nell’investment banking o dal mondo della fisica sono approdate in quello delle costruzioni. Ciò che le accomuna è la capacità di innovare e il desiderio di dare un contributo alle società, al continente e – perché no? – all’umanità, attraverso lo studio e l’applicazione delle discipline STEM – Science, Technology, Engineering and Mathematics.

Alcune lo hanno fatto durante la pandemia, come Elodie Nonga, consulente di comunicazione per lo sviluppo comunitario camerunense, Kendi Muchungi, neuroscienziata computazionale dell’Africa Nazarene University e Sibongile Mongadi, fondatrice di Uku’hamba (pty) Ltd., un’azienda sudafricana che produce arti protesici a basso costo. Con il team di WETECH (Women In Entrepreneurship and Technology) Nonga ha sviluppato un chatbot che si chiama “Sandra” per fare test diagnostici rapidi attraverso domande sui sintomi e poi fornire i numeri di emergenza da chiamare in base ai risultati. La dott.ssa Muchungi ha costruito un sistema automatizzato per lavare le mani adatto a comunità numerose con scarse risorse idriche, utilizzato dal governo kenyota per il ritorno a scuola durante la pandemia. Mongadi, invece, ha reindirizzato tutta la produzione della sua azienda per stampare in 3D oltre 200 maschere protettive per i lavoratori in prima linea dell’emergenza Covid-19.

Sibongile Mongadi, fondatrice di un’azienda sudafricana che produce arti protesici a basso costo.

La loro storia – tra le altre – è stata raccontata su Levers in Heels, un sito nato dall’idea di Larisa Akrofie, ingegnera biomedica ghanese, per dare visibilità alle donne africane che studiano e lavorano con le materie STEM. Secondo l’UNESCO le donne in Africa subsahariana rappresentano dal 18 al 30 per cento dei ricercatori scientifici e un report della World Bank sottolinea come solo il 7 per cento delle ragazze – rispetto al 22 per cento dei ragazzi – si iscriva a corsi universitari di ingegneria e costruzioni. Sono dati che sembrano ignorare che la prospettiva di genere è fondamentale nello sviluppo del continente e che non si può prescindere dalla creazione di programmi formativi scientifici indirizzati specificatamente alle donne sin dalla giovane età.

Per questo Lever in Heels mette in contatto ragazze delle scuole pubbliche superiori ghanesi con donne africane che hanno fatto passi da gigante nelle loro carriere in STEM con il programma di mentorship SCAP. Un obiettivo simile è quello di “Wahjay-STEM”, che significa “per il bene degli altri” ed è un progetto di tutoraggio per gli studenti di robotica creato dalla matematica Giewee Giah sulla scia dei suoi “dolorosi sentimenti di impotenza per gli inascoltati e gli indifesi”. “Volevo alleviare il peso delle lamentele derivanti dalla disoccupazione degli studenti sottorappresentati in tutto il mondo. – ha spiegato – Volevo che gli studenti liberiani in particolare, avessero una possibilità di lotta nell’assicurarsi ruoli professionali che offrissero loro un salario di sussistenza o addirittura di prosperità. Volevo che più persone potessero permettersi le opportunità che ho potuto sperimentare io.”

La strada per il successo per una donna africana nel mondo della scienza e della tecnologia è lunga e ripida, ma Adeola Olubamaiji non ha dubbi: “come vedi la questione dipende da te, bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Il sessismo e il razzismo sono reali, ma tu puoi decidere se usarli a tuo vantaggio. Essere una minoranza visibile (donna, nera e giovane) è una delle tante sfortune che ho avuto nella mia vita, ma mi ha permesso di distinguermi e diventare un agente di cambiamento”. Olubamaiji, ingegnera dei materiali e prima africana ad aver ottenuto un phd in ingegneria biomedica all’università di Saskatchewan, in Canada, è convinta della necessità di “educare i bambini africani su ciò che è a loro disposizione in questo millennio” e ha quindi fondato in Ontario STEMHUB, un’iniziativa che prevede esperimenti pratici e visite nelle aziende per familiarizzare con la mentalità scientifica.

Adeola Olubamaiji alla sua laurea di dottorato

Farlo, in Africa, a volte è ancora difficile, anche a causa della mancanza di connessione, fatto criticato nel 2016 con la campagna #BringBackOurInternet da Rebecca Enonchong, fondatrice dell’azienda Apps Tech e nel 2014 tra le Top Ten Women Tech Entrepreneurs della rivista Forbes. Dopo aver visto il tentativo di un insegnante locale di spiegare il funzionamento di World con lavagna e gessetto, la Enonchong, di origini camerunensi, si è battuta anche affinché Microsoft fornisse computer alle scuole ghanesi, perché convinta che la tecnologia sia la soluzione a tutti i problemi. Ozak Esu (foto di copertina), invece, nigeriana e vincitrice di numerosi riconoscimenti internazionali, i suoi problemi se li è risolta da sé: quando, da bambina, il padre le ha spiegato che avrebbe dovuto appellarsi a un ingegnere elettrico per la mancanza di elettricità che non le permetteva di guardare i cartoni, ha deciso che da grande, ingegnere elettrico, lo sarebbe diventata lei.

Rebecca Enonchong, fondatrice dell’azienda Apps Tech

Sono donne visionarie, che hanno messo a frutto la loro passione e hanno rotto il soffitto di cristallo senza fermarsi davanti a niente e oggi vogliono lasciare il testimone alle nuove generazioni. Rivolgendosi alle giovani africane che sognano in grande nelle materie STEM Giewee Giah ha detto: “Assicuratevi che quando chiedete aiuto vi posizioniate come un investimento e non come un ente di beneficenza. Smettetela di aspettare il vostro eroe, avete tutto quello che serve per essere voi l’eroe.” Un consiglio non solo per le donne africane.

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