Il braccio politico della ribellione M23, l’Alleanza del fiume Congo (Afc), ha decretato un cessate il fuoco unilaterale nel conflitto in corso nel nord-est della Repubblica Democratica del Congo (Rdc) a partire da oggi, 4 febbraio.
In un comunicato firmato dal responsabile della comunicazione, Lawrence Kanyuka, l’Afc/M23, sostenuto dal Ruanda, dice che il cessate il fuoco è una risposta alla “crisi umanitaria provocata dal regime di Kinshasa”. Accusa le forze armate congolesi (Fardc) di utilizzare l’aeroporto di Kavumu per caricare “bombe che uccidono i nostri concittadini nelle zone liberate”.
Il medesimo comunicato precisa che l’Afc/M23 non ha intenzione di prendere il controllo di Bukavu (capoluogo del Sud-Kivu, Ndr) o di altre località, ma che si limiterà a difendere le proprie posizioni. Chiede inoltre il ritiro delle forze militari della Comunità dell’Africa australe, coinvolte a fianco di Kinshasa. Ieri invece, il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa ha dichiarato di rifiutare di ritirare i suoi soldati schierati a fianco della Rdc nell’est del Paese.
In risposta al comunicato, il ministro della Comunicazione Patrick Muyaya ha dichiarato di essere abituato a questo genere di comunicati, che nella maggior parte non sono veritieri. “Quello che aspettiamo è il ritiro delle truppe ruandesi. Non hanno spazio in Rdc”.
Oggi, le due camere del Parlamento congolese, l’Assemblea nazionale e il Senato, sono convocate in una sessione straordinaria per concentrarsi sulla situazione di sicurezza prevalente nell’est.
Da Goma, intanto, l’ufficio di coordinamento delle agenzie umanitarie dell’Onu (Onu) ha reso noto un bilancio dei combattimenti che hanno accompagnato la presa di Goma, oltre una settimana fa, da parte dei ribelli: almeno 900 morti e 2.880 feriti.
Assumendo la presidenza di turno del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per questo mese di febbraio, la Cina ha condannato il sostegno del Ruanda ai ribelli Rdc.