L’ingorgo inestricabile, incubo quotidiano di Kinshasa

di Marco Trovato

Traffico in tilt, code chilometriche, paralisi totale di ogni strada: è la maledizione a cui sono condannati ogni giorno i 18 milioni di abitanti della capitale della Repubblica Democratica del Congo. «Impossibile liberarsi da soli da quell’inferno di carrozzerie arroventate».

di Fabrizio Floris

La Repubblica Democratica del Congo è un gigante dai piedi d’argilla, ricchissimo di materie prime e perennemente sull’orlo del baratro. Ma per gli abitanti della capitale Kinshasa l’incubo non sono la guerra, la crisi economica, la disoccupazione, la povertà, la corruzione e neppure le prossime elezioni presidenziali preoccupano fino in fondo la gente: quello che è sulla bocca di tutti è l’embouteillage.

Si tratta di un momento critico, in cui l’algoritmo dello spostamento dei 18 milioni di abitanti della città – che si muovono su camion, furgoni fula-fula, apecar, moto e a piedi – si blocca inesorabilmente.

E come in una partita a shangai non si riesce a trovare qual è lo spostamento necessario, qual è il mezzo centimetro che ognuno deve fare per andare avanti. La città si ferma, passano i minuti e poi le ore finché entri in uno stato di incoscienza, non cerchi più l’uscita, ma è lei che ti cerca, è lei che ti insegue.

Kinshasa è una città impazzita tutte le mattine inizia a correre nel traffico, 12 ore fino al tramonto,  quando gli effetti de l’embouteillage si calmano. Come per effetto del down di una droga psichedelica. Poi ogni mattina la città chiede un’altra dose di embouteillage ai suoi abitanti per raccoglierli intorno a sé come le sirene di Ulisse, ma i kinois – gli abitanti della megalopoli – sanno che l’embouteillage altro non è che la presa di coscienza che nel labirinto della vita non possiamo trovare l’uscita da soli.

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