La disuguaglianza di accesso ai vaccini. A Roma un flash-mob di denuncia

di claudia

Alla vigilia del G20 dei leader di governo, in programma il 30-31 ottobre a Roma, gli attivisti di Oxfam, EMERGENCY e Amnesty International (membri della Peoples’ Vaccine Alliance) venerdì 29 ottobre dalle 10.00 alle 11.30 in piazza Vittorio a Roma realizzeranno un flash-mob. Al centro, la denuncia della drammatica disuguaglianza di accesso ai vaccini, cure e trattamenti per il Covid 19, a fronte di enormi profitti realizzati dalle compagnie farmaceutiche. Una situazione che impedisce di fatto di sconfiggere la pandemia, con i Paesi in via di sviluppo che vedono solo il 2% della loro popolazione vaccinata.

Le Nazioni ricche hanno donato ai Paesi poveri solo 261 milioni di dosi su 1,8 miliardi promesse, appena il 14%. L’Italia 6,1 milioni di dosi dei 45 annunciati dal Presidente Draghi. Le aziende farmaceutiche hanno consegnato al COVAX appena il 12% delle dosi e nel 2021 produrranno 1,3 miliardi di dosi in meno di quelle programmate, continuando a vendere quelle prodotte al miglior offerente.

È l’allarme lanciato da Oxfam, EMERGENCY, Amnesty International e UNAIDS, membri della People’s Vaccine Alliance (PVA), con il rapporto Una dose di realtà,  alla vigilia del G20 dei leader di Governo che avrà, tra i temi centrali in agenda, proprio l’accesso globale ai vaccini. Unione Europea, Germania e Regno Unito continuano infatti a rifiutarsi di sostenere la proposta di India, Sudafrica e oltre 100 nazioni per la sospensione dei brevetti su vaccini Covid, mentre l’Italia mantiene una posizione ambigua. Nel frattempo, i colossi farmaceutici non condividono con l’OMS le tecnologie e il know-how indispensabili per consentire la produzione nei Paesi in via di sviluppo del numero di dosi necessarie a salvare migliaia di vite.

Da qui l’appello urgente ai leader del G20 per mettere in campo soluzioni efficaci e immediate per salvare vite e affrontare un’emergenza che sta sempre più spaccando in due il pianeta. Gli attivisti chiedono di: sospendere i diritti di proprietà intellettuale per vaccini, test e trattamenti Covid-19 detenuti dall’industria farmaceutica, sostenendo la proposta presentata un anno fa da Sud Africa e India all’Organizzazione mondiale del commercio; fare pressione sulle aziende farmaceutiche, che detengono il monopolio sui vaccini esistenti, affinché condividano il know-how e la tecnologia necessaria a consentirne la produzione nei paesi a basso e medio reddito, per poter soddisfare la domanda di dosi in paesi che non possono permettersi di pagare i prezzi imposti dagli attuali produttori; ridistribuire equamente i vaccini esistenti dai paesi ricchi verso tutti i paesi del mondo, per centrare l’obiettivo posto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità di vaccinare il 40% della popolazione mondiale entro la fine del 2021 e il 70% entro metà del 2022.

Il fallimento del sistema di donazione dei vaccini

Il sistema di donazione dei vaccini sta dimostrando nei numeri tutta la sua tragica inefficacia, nel garantire l’immunizzazione della popolazione nei Paesi a basso-medio reddito. Il grave divario tra quanto promesso e quanto effettivamente messo a disposizione è responsabilità diretta di tutti i paesi ricchi.

“Ad oggi l’Italia ha consegnato appena il 14% delle dosi promesse, 6,1 milioni di dosi sui 45 milioni annunciati dal Presidente Draghi  –  hanno sottolineato Sara Albiani, policy advisor per la salute globale di Oxfam Italia e Rossella Miccio, presidente di EMERGENCY –  Il governo britannico ha consegnato solo 9,6 milioni – meno del 10% – dei 100 milioni di dosi promesse alle nazioni più povere, e ha per di più usufruito di mezzo milione di dosi da COVAX, nonostante la carenza di vaccini nei Paesi in via di sviluppo e avendo già assicurato dosi più che sufficienti per i suoi cittadini grazie ad accordi diretti con le aziende farmaceutiche. Gli Stati Uniti hanno consegnato quasi 177 milioni di dosi su 1,1 miliardi promesse, la Germania 12,3 su 100 milioni e così via. Senza un vero cambio di approccio e di strategia, la strada imboccata continuerà ad essere lastricata di promesse non mantenute, ad un prezzo altissimo per gran parte del mondo”.

“Le nazioni ricche e le aziende farmaceutiche stanno vergognosamente fallendo nel mantenere le loro promesse, e allo stesso tempo bloccano le uniche soluzioni possibili, ossia garantire che i Paesi in via di sviluppo abbiano la capacità di produrre autonomamente i propri vaccini. – aggiunge Winnie Byanyima, direttore esecutivo di UNAIDS – È tragicamente chiaro che non si può fare affidamento sulla generosità e sulla beneficenza dei Paesi ricchi e delle aziende farmaceutiche. È spaventoso che ancora centinaia di migliaia di persone debbano perdere la vita a causa del virus”.

Il fallimento del COVAX

Secondo la PVA, le aziende farmaceutiche sono le principali responsabili dell’estrema inefficacia dell’iniziativa COVAX, non essendosi impegnate fin dall’inizio a mettere a disposizione dosi sufficienti e avendone poi fornite in quantità inferiori a quelle promesse. Dei 994 milioni di dosi promesse a COVAX da Johnson & Johnson, Moderna, Oxford/AstraZeneca e Pfizer/BioNTech, solo 120 milioni (il 12%) sono state effettivamente erogate, ovvero quindici volte meno degli 1,8 miliardi di dosi arrivate ai paesi ricchi. Johnson & Johnson e Moderna in realtà non hanno consegnato neppure una delle fiale promesse.

“Il fallimento del sistema di donazioni da parte dei paesi ricchi e di COVAX hanno la stessa origine. – continuano Albiani e Miccio – Abbiamo ceduto il controllo della fornitura di vaccini a un pugno di aziende farmaceutiche, la cui priorità è massimizzare i profitti. Queste aziende non hanno capacità produttiva per soddisfare il fabbisogno mondiale, contengono artificialmente l’offerta e favoriranno sempre il miglior offerente. L’unico modo per porre fine alla pandemia è condividere i brevetti, la scienza, la tecnologia e il know-how con altri produttori qualificati in modo che tutti, ovunque, possano vaccinarsi e salvarsi la vita. Bisogna infatti ricordare che nei Paesi poveri al momento in media il 99% della popolazione non è vaccinata”.

Nessun piano effettivo per realizzare l’obiettivo posto da Biden di vaccinare il 70% della popolazione di ogni Paese entro settembre 2022

All’Assemblea generale delle Nazioni Unite di settembre, il presidente USA Joe Biden ha raccolto molti consensi attorno all’obiettivo di vaccinare il 70% della popolazione di ogni Paese entro settembre 2022. Anche se si tratta di un target giustamente ambizioso, la People’s Vaccine Alliance sottolinea che andrebbe raggiunto molto più rapidamente per contenere contagi, morti e la possibilità che nuove varianti si diffondano, e denuncia che non esiste un piano concreto per realizzarlo. L’OMS ha stabilito come priorità che i Paesi in via di sviluppo riescano a vaccinare il 40% della propria popolazione entro la fine di quest’anno, un obbiettivo già irrealistico visto che mancano solo due mesi, e in più i Paesi ricchi non si attivano, riuscendo alla fine a consegnare solo un numero di dosi inadeguate, entro una data non meglio precisata del 2022.

“Le principali case farmaceutiche, con il fine di eludere la pressione internazionale sulla necessità di condividere la tecnologia vaccinale e liberarla dai limiti imposti dai brevetti, hanno finora ripetutamente sovrastimato le quantità di dosi che prevedono di produrre, sostenendo che a breve, ce ne sarebbero state abbastanza per tutti. In realtà, nel frattempo vendevano la stragrande maggioranza della loro produzione ai Paesi più ricchi. – concludono Albiani e Miccio –  Le quattro principali aziende farmaceutiche che detengono i brevetti sui vaccini Covid hanno affermato che sarebbero state in grado di produrre tutte assieme circa 7,5 miliardi di dosi nel 2021, ma agli attuali ritmi potrebbero arrivare a produrne 6,2 miliardi entro l’anno, con un deficit di oltre 1,3 miliardi di dosi”.

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