La Corte penale internazionale indaga su possibili crimini di guerra a El Fasher

di claudia
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Le atrocità commesse nella città sudanese di El Fasher, nel Darfur settentrionale, potrebbero costituire crimini di guerra e contro l’umanità. Lo ha dichiarato l’ufficio del procuratore della Corte penale internazionale (Cpi), mentre migliaia di civili continuano a fuggire dalle violenze nella vicina regione del Kordofan, secondo le Nazioni Unite.

Dopo 18 mesi di assedio, i paramilitari delle Forze di supporto rapido (Rsf) sono entrati il 26 ottobre la città di El Fasher, ultimo bastione non ancora sotto il loro controllo nel Darfur. Da allora, si moltiplicano le testimonianze di esecuzioni sommarie, saccheggi, stupri e attacchi contro operatori umanitari, documentati da immagini satellitari e video pubblicati dagli stessi combattenti.

Nel comunicato ripreso da Radio France Internationale (Rfi), la procura dell’Aia ha affermato che “gli omicidi e gli stupri di massa denunciati dalle Nazioni Unite potrebbero costituire crimini contro l’umanità e crimini di guerra”. La Corte indaga già dal 2023 sui crimini commessi in Darfur, e le violenze legate alla presa di El Fasher rientrano nell’inchiesta in corso. Il procuratore ha invitato i testimoni a fornire prove tramite il portale elettronico riservato della Corte.

Nei giorni successivi alla conquista della città, il comandante delle Rsf, generale Mohamed Hamdan Dagalo, detto Hemedti, ha annunciato la creazione di una commissione d’inchiesta interna. Secondo la Cpi, tuttavia, l’intervento della Corte si attiva solo in caso di inazione o mancata volontà delle autorità nazionali di perseguire i responsabili.

La Cpi, investita dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite oltre vent’anni fa per indagare sui crimini in Darfur, ha finora portato a giudizio un solo comandante janjawid. 

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