In Tanzania si va verso la calma, ma i conti non tornano

di claudia
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È iniziato ieri sera l’allentamento delle misure restrittive, in particolare il taglio di Internet e il coprifuoco, adottate dal governo tanzaniano durante i giorni delle elezioni e in quelli successivi, quando proteste enormi antigovernative hanno sconvolto il Paese.

Lunedì sera la polizia aveva già annunciato la revoca del coprifuoco, consentendo alla popolazione di riprendere con cautela le proprie attività nelle strade di Dar es Salaam, dove il traffico e i trasporti pubblici sono gradualmente ripresi. Ieri è stato invece annunciato il ripristino della connessione a internet. Dopo diversi giorni di pattugliamenti armati, la capitale resta comunque sotto stretta sorveglianza, con una presenza delle forze di sicurezza visibile ma ridotta. Già ieri, alcuni negozi hanno riaperto e il traffico è ripreso, ma le code in alcune stazioni di servizio di Dar es Salaam persistono.

Il ripristino di Internet sta avendo anche l’effetto di riaprire il Paese al mondo esterno. Molti attivisti hanno contattato, nei giorni scorsi e questa mattina, l’agenzia Infomundi, condividendo esperienze e racconti drammatici dei giorni post-elettorali, storie che sono suffragate da immagini e video che mostrano le violenze della polizia e soprattutto gli effetti sui manifestanti. Le elezioni presidenziali del 29 ottobre, che hanno assegnato il 98% dei voti alla presidente uscente Samia Suluhu Hassan, sono state respinte dall’opposizione, che le ha definite una «farsa elettorale» e proprio il giorno delle elezioni sono scoppiate proteste nelle principali città del Paese, che hanno portato a misure di sicurezza restrittive e alla totale chiusura di Internet a livello nazionale. Dopo violenti scontri tra manifestanti e forze di sicurezza a Mbeya, Dodoma, Arusha e Dar es Salaam gli ospedali si sono velocemente riempiti e i sanitari, per timore di ripercussioni, non hanno rilasciato informazioni sulle condizioni dei feriti e sull’entità dei ricoveri.

Diverse organizzazioni per i diritti umani hanno chiesto un’indagine indipendente sul numero delle vittime e sullo svolgimento del processo elettorale. Secondo alcuni attivisti che questa mattina hanno scritto all’agenzia Infomundi, per le strade di Dar e Mbeya erano presenti, in sostegno alle forze di polizia tanzaniane, anche militari ugandesi, informazioni che non abbiamo potuto confermare in maniera indipendente, ma che non sorprendono, viste le relazioni tra i due Paesi. Gli osservatori della Comunità per lo sviluppo dell’Africa australe (Sadc), un blocco regionale che comprende la Tanzania, hanno affermato in un rapporto preliminare che le elezioni non hanno rispettato gli standard democratici.

Il partito di opposizione Chadema, non ammesso alle elezioni, in una nota diffusa ieri sera, denuncia che il suo vicepresidente John Heche è scomparso dopo essere stato prelevato, ieri mattina, da una stazione di polizia nella capitale Dodoma. Il partito spiega che alla moglie di Heche e a un altro funzionario del partito è stato detto che l’uomo sarebbe stato portato dal comandante della polizia regionale, ma “quando hanno cercato di seguirli per scoprire dove lo stessero portando, i veicoli che lo trasportavano sono scappati via, lasciandoli indietro”. In una dichiarazione, il partito di opposizione scrive che “la sua ubicazione rimane sconosciuta e la sua famiglia e il partito sono profondamente preoccupati per la sua sicurezza e per la sua attuale posizione”.

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AFP

Uno dei capitoli più dolorosi da affrontare ora riguarda il recupero delle salme e i funerali dei manifestanti. I conti, come già avvenuto in passato, in questo caso non tornano e sono molte le testimonianze di familiari che sostengono di avere parenti scomparsi durante le proteste. Ieri, un medico dell’ospedale Muhimbili di Dar es Salaam ha dichiarato alla Bbc che alcuni veicoli con la scritta Municipal Burial Services stavano raccogliendo le salme depositate in ospedale: “Entrano nell’obitorio di notte per raccogliere i corpi di coloro che si ritiene siano morti durante le proteste, poi escono e li portano verso una destinazione sconosciuta” ha detto il medico. “I parenti non ricevono i corpi e i sopravvissuti vengono portati dal pronto soccorso verso destinazioni sconosciute dalla polizia, alcuni addirittura prima di essersi ripresi”.

Il governo ha cercato di minimizzare la portata della violenza post-elettorale e la muscolare risposta delle forze di sicurezza e ha attribuito la colpa agli “stranieri”, che l’avrebbero alimentata. Durante la cerimonia di insediamento, la presidente Samia ha riconosciuto la “perdita di vite umane e la distruzione di proprietà pubblica”, ma ha aggiunto che “non sorprende” che alcuni degli arrestati fossero cittadini stranieri.

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