Kenya: aumentano le vittime del santone Mackenzie, convinte a lasciarsi morire di fame

di claudia

Continuano a spuntare cadaveri dal terreno della foresta di Shakahola, vicino Malindi, nella contea keniota di Kilifi: la polizia sta continuando con la ricerca e i rilievi alla ricerca dei corpi dei fedeli di una setta religiosa cristiana che si sono lasciati, a decine, morire di fame con la promessa che così avrebbero presto incontrato Gesù.

Secondo i media keniani infatti la polizia ha portato alla luce, nella giornata di ieri, altri 21 cadaveri, che fanno salire il numero complessivo dei corpi ritrovati dagli inquirenti a 133. Il commissario regionale Rhoda Onyancha, che martedì ha annunciato ai media l’ultimo bilancio delle vittime, ha anche detto che altre 566 persone risultano scomparse nell’area e si sospetta che altri membri della chiesa siano stati sepolti da quelle parti: “Abbiamo 21 corpi riesumati oggi da nove tombe. Continueremo domani. Le ultime esumazioni hanno portato il bilancio complessivo a 133”.

Interrotta a causa del maltempo, l’operazione di esumazione è ripresa ieri. Secondo alcune informazioni trapelate dalla polizia e diffuse dai media locali, a molti dei corpi erano stati asportati degli organi, cosa che apre ipotesi inquietanti su scenari circa il traffico di organi. Il ministro dell’Interno Kithure Kindiki ha descritto queste morti come “un crimine altamente organizzato”.

Secondo la polizia, i resti portati alla luce, tutti interrati nella proprietà appartenente al leader del culto, Paul Mackenzie, siano tutti dei suoi seguaci, convinti a lasciarsi morire di fame per incontrare Gesù. Nell’aprile scorso un uomo ha contattato la polizia dopo che sua moglie e sua figlia avevano lasciato Nairobi per unirsi alla setta di Mackenzie, nella contea di Kilifi, e non sono mai più tornate. Quando la polizia è entrata nella comunità per indagare, ha trovato persone emaciate e tombe poco profonde. La maggior parte dei corpi riesumati sono quelli di bambini.

Secondo una nota della la Croce rossa in Kenya, all’appello mancano ancora centinaia di persone. 

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