Etiopia, ultimatum prima dell’assedio a Mekele

di Celine Camoin

Si fa sempre più stretta la cerchia militare attorno a Mekele, capoluogo della regione settentrionale del Tigray, che l’esercito federale minaccia di far cadere entro martedì.

Ieri, il presidente Abyi Ahmed Ali ha annunciato che il braccio di ferro con la milizia del Tigray è entrato in una terza fase, una fase decisiva e finale. Abiy ha dato domenica un ultimatum di 72 ore agli esponenti del Tplf (Tigray’s people liberation front), il partito al potere nella regione con ambizioni autonomiste-separatiste, chiamandoli alla resa prima dell’ingresso delle truppe in città.

Il portavoce militare Dejene Tsegaye ha invitato gli abitanti di Mekele (o Mekelle, o ancora, Macallè) a lasciare la città per salvarsi dal fuoco incrociato. Mekele è già stata teatro, giovedì sera, di raid dell’aviazione etiopica.

Il leader del Tplf, Debretsion Gebremichael, dal canto suo, ha detto alla stampa internazionale che le sue forze stanno resistendo a sud e stanno combattendo vicino alla citta di Adigrat, a nord, caduta nelle mani delle truppe federali. Secondo la Fana Broadcasting corporation, l’esercito nazionale ha già preso Shire, Axum, Adwa, Adigrat e Idaga Hamus, nell’avanzata verso Mekele.

Sul fronte umanitario, gli organismi internazionali hanno riportato che sono ormai 36.000 i rifugiati etiopi che hanno oltrepassato il confine con il vicino Sudan. Le Nazioni Unite prevedono che il numero di profughi possa salire fino a 200.000.

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