Etiopia, la tensione si riaccende. Sei morti nel fine settimana

di Enrico Casale
proteste oromo

Torna alta la tensione in Etiopia. Almeno cinque persone sono state uccise e decine sono state ferite nel nord del Paese dalle forze di sicurezza che hanno sparato sulla folla riunita per una festa religiosa. La dura reazione delle forze dell’ordine è scattata quando alcuni gruppi di fedeli, invece che i canti religiosi, hanno iniziato a scandire slogan antigovernativi. Lo riferisce la Bbc on line, precisando che nella città di Waldiya i manifestanti avevano bloccato le strade e che i negozi erano rimasti chiusi.

Da tre anni, la grande nazione dell’Africa orientale è in preda a continue proteste, spesso represse in modo violento dalle forze dell’ordine. I manifestanti chiedono riforme politiche ed economiche oltre che la fine della corruzione e delle violazioni dei diritti umani. Migliaia di persone sono finite in carcere. Alla base del malcontento c’è anche l’insoddisfazione delle popolazioni oromo e amhara che, da anni, sono escluse dal potere dall’etnia tigrina che, pur essendo una piccola minoranza, monopolizza le istituzioni.

Mercoledì scorso, la comunità internazionale aveva bene accolto il rilascio di molti detenuti e tra loro anche un importante leader dell’opposizione, Merera Gudina, in prigione da più di un anno. All’inizio di gennaio il primo ministro etiope Hailemariam Desalegn aveva annunciato che il governo avrebbe intenzione di chiudere il centro di detenzione di Maekelawi, nella capitale Addis Abeba, dove la tortura sarebbe prassi.

Questo fine settimana però la situazione è tornata a precipitare con nuovi scontri.

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