Egitto, la sopravvivenza dei Nubiani

di claudia

La costruzione della diga di Assuan ha cancellato gli insediamenti in cui le comunità Nubiane hanno vissuto per millenni, ma non la memoria dei loro discendenti, i quali hanno maturato diverse forme di resistenza e di sopravvivenza di fronte alle promesse mai mantenute del governo egiziano.

di Nicki Anastasio

Nel corso della storia è la prossimità delle grandi civiltà ai corsi d’acqua che ne ha favorito lo sviluppo. Per quanto riguarda il fiume Nilo al di là dei faraoni e molto prima di loro c’è stato il regno di Nubia che ha regnato per millenni su parte dell’Egitto meridionale e del Sudan. Da quando i territori appartenenti a questo antico regno sono stati assimilati all’Egitto coloniale l’esistenza della comunità nubiana è stata minacciata.

Veduta in barca del villaggio nubiano di Kom Obo, febbraio 2019, foto scattata dall’autore

La fine del ‘’paradiso in terra’’

La costruzione della diga di Aswan nel 1964 costringe i tre milioni di Nubiani residenti a ridosso del Lago Nasser ad abbandonare i loro villaggi. Le loro abitazioni verranno sommerse per assicurare al presidente Jamal Abd Al-Naser di usufruire di maggiori quantità d’acqua e risolvere il problema delle inondazioni frequenti. In poco tempo viene disposto il reinsediamento dei Nubiani a Kom Ombo, una località a 50 km da Assuan. Tuttavia, gli insediamenti sono inadeguati: mancano di servizi e non possono accogliere tre milioni di sfollati.

I discendenti dei vecchi capi tribù – che oggi risiedono nei governatorati del Basso Egitto come Luxor e Assuan – descrivono questo dislocamento come la fine del “paradiso in terra’’ per i Nubiani, secondo quanto riportato dalle testimonianze trasmesse dai loro avi. Al contrario, il periodo di presidenza di Anwar Sadat, successore di Nasser, viene ricordato in modo positivo. Nel 1979 il faraone si reca ad Assuan dichiarando l’intenzione di costruire quarantadue villaggi per rispondere alle richieste degli sfollati del Lago Nasser.

La politicizzazione del malcontento

Il presidente Hosni Mubarak, al potere dagli anni Novanta fino allo scoppio della Primavera araba, si ritrova ad affrontare una comunità nubiana che inizia a mobilitarsi politicamente. In risposta, il rais propone di trasferirne un numero non precisato di Nubiani nell’area di Wadi Karkar, a ovest dell’Aeroporto di Assuan e a cinque km dal Lago Nasser, ma senza chiarirne le modalità. La decisione non piace sin da subito alle vecchie generazioni nubiane che chiedono un luogo più vicino alle acque del fiume Nilo, così da potersi dedicare nuovamente alle attività agricole tradizionali. Altri, invece, mettono in dubbio le capacità delle nuove generazioni di lavorare nel settore agricolo, sottolineando la necessità di un nuovo paradigma per garantire alla comunità nubiano l’accesso a forme di reddito sufficienti per sopravvivere.

Lo scoppio della rivoluzione egiziana nel 2011 da nuovo impulso alle rivendicazioni dei Nubiani. In particolare, i più giovani vedono nelle sommosse popolari anti-Mubarak l’occasione non solo per riportare a galla le ingiustizie subite dalle loro comunità ma anche per domandare una forma di tutela da parte del governo egiziano rivendicando il fatto che la civiltà Nubiana è una componente essenziale della storia egiziana. Infatti, nonostante l’Egitto abbia aderito alla Dichiarazione ONU del 1992 sui diritti delle persone appartenenti alle minoranze nazionali o etniche, religiose e linguistiche, non ha mai adottato alcuna azione concreta per tutelare l’esistenza dei discendenti dei Nubiani.

Qualche settimana prima delle presidenziali del 2012, alcuni giovani nubiani protestano in piazza Tahrir in risposta a un editoriale scritto da un membro del partito islamista di Muhammad Morsi che descrive i nubiani come i nuovi colonizzatori dell’Egitto. In quel delicato momento di transizione post-rivoluzione un movimento sociale dagli intenti non molto pacifici inizia a far sentire la sua voce, il Nubian Katala, contribuendo alla diffusione di una brutta reputazione dei Nubiani in Egitto. Il gruppo rivendica l’uso della violenza per creare una regione indipendente dall’Egitto, la Nubia, in ricorda dello splendore del passato. Di altro avviso è il Nubian Party Nile, fondato da Hamdi Suleimani, sostenuto dalle nuove generazioni che lavorano a sud dell’Egitto in associazioni culturali autonome finalizzate alla preservazione della cultura nubiana.

L’illusione di un cambiamento

Nel gennaio 2013, sessanta residenti di Luxor e Assuan protestano davanti al parlamento egiziano rivendicando il diritto delle comunità Nubiane presenti in Egitto di ritornare nei loro territori ancestrali e di ottenere un risarcimento economico adeguato per i danni subito sotto la presidenza di Nasser.

Giovani nubiani nei loro abiti tradizionali – fonte: fitzmuseum.cam.ac.uk

Nel luglio 2013 il golpe militare del Ministro della Difesa Al-Sisi sembra donare ai Nubiani nuove speranze. Un anno dopo, all’indomani della sua vittoria presidenziale, il nuovo rais propone ai rappresentanti delle comunità nubiane di partecipare alla stesura della nuova Costituzione di cui l’articolo 236 riporta quanto segue ‘’lo stato lavora allo sviluppo e all’attuazione di progetti per riportare i residenti della Nubia nelle loro aree originali secondo le modalità organizzate dalla legge entro dieci anni’’. Tuttavia, nel novembre dello stesso anno il decreto presidenziale 444 stabilisce la militarizzazione dei territori al confine col Sudan, fulcro dell’antico regno di Nuba, rendendo impossibile qualsiasi piano di reinsediamento dei Nubiani nelle prossimità dei loro territori d’origine.

Arrivo di turisti al villaggio di Kom Obo, febbraio 2019, foto scattata dall’autore

La preservazione della memoria

Attualmente Al-Sisi è occupato a difendere i confini orientali e occidentali dell’Egitto, la Penisola del Sinai e il deserto occidentale al confine con Libia, e considerando i tratti caratterizzanti del suo regime militare, la politica del sospetto e di zero tolleranza, è evidente che qualsiasi nuova negoziazione tra il governo centrale e le comunità nubiane è molto improbabile. Ciò nonostante, i discendenti dei Nubiani hanno trovato canali che permettono di preservare la loro identità attraverso, associazioni culturali e attività turistiche.

Nella località di Kom Ombo, dove più di cinquanta anni fa furono dislocati i Nubiani del Lago Nasser, vive una piccola comunità che ha costruito abitazioni quanto più simili a quelle dei loro antenati, ha raccolto prove e testimonianze della loro storia e le tramanda ai turisti curiosi sostentandosi economicamente grazie a queste attività. La civiltà nubiana è stata sommersa ma non affonda.

(Nicki AnastasioAmistades)

Bibliografia

Maja Janmyr (2016), Nubians in Contemporary Egypt: Mobilizing Return to Ancestral Lands, Middle East Critique, 25:2, 127-146

Fernea R. Grester G. (1973), Nubians in Egypt: Peaceful people, University of Texas

Mahgoub Y. (1990), The Nubian experience: A study of the social and cultural meanings of architecture, The University of Michigan

Salah M. (2012), Nubian Modern History, http://www.modernaswan.com

Serag Y. (2013), Nubian Resettlement Challenges Between Past Memories and Present Settings, Conference: Sustainable Building 13

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