Dopo il ritiro dall’Afghanistan, l’Italia punta sull’Africa

di Enrico Casale
soldati italiani

Il ritiro dei militari dall’Afghanistan apre per l’Italia nuovi scenari politico-militari in Africa. Abbandonata l’Asia, l’Italia cercherà di concentrare i suoi sforzi nella stabilizzazione del cosiddetto «Mediterraneo allargato» da dove provengono la maggior parte delle minacce per il nostro Paese. Per cui le missioni in Africa potrebbero vedere crescere il contributo in termini di uomini e mezzi.

«L’Italia – spiega Lorenzo Guerini, ministro della Difesa italiano in un’intervista rilasciata al quotidiano La Stampa – ha una sua visione e vuole giocare un ruolo nell’area che definiamo “Mediterraneo allargato”. Qui il nostro Paese s’impegna nella prevenzione e nella gestione delle crisi. Non potrebbe essere altrimenti, perché questi quadranti geografici sono strettamente interconnessi tra di loro. Se guardiamo una cartina geografica, è evidente che i Paesi africani dove siamo presenti disegnano un grande triangolo».

A Sud-Ovest c’è il Golfo di Guinea, dove sono state inviate navi della Marina militare in compiti antipirateria. A Sud-Est c’è il Corno d’Africa, dove l’Esercito ha un contingente a Mogadiscio, per l’addestramento delle truppe somale, e la Marina ha una base a Gibuti, in funzione antipirateria e di addestramento di militari somali e gibutini. Al vertice Nord c’è la Libia, dove svolgiamo attività di supporto sanitario e umanitario e di supporto tecnico-manutentivo a favore della Guardia costiera libica. Abbiamo uomini anche in Mali e in Niger con compiti addestrativi e di contrasto della minaccia terroristica nel Sahel.

«Questa sorta di triangolo è una somma di aree di crisi – ha detto ancora Guerini -. La nostra presenza va letta nell’ambito di una strategia unitaria della nostra Difesa, non come fatti episodici».

Nel Sahel, l’Italia collaborerà con la Francia che, con la missione Barkane, schiera circa 5.200 uomini in un’operazione “combact” e che conta anche sul sostegno dell’operazione parallela, Takuba, affidata al contributo di forze europee. «La comunanza d’intenti tra Roma e Parigi c’è – ha spiegato Guerini -. È particolarmente evidente nel Sahel, dove sono arrivati i nostri primi militari che prenderanno parte alla task-force Takuba. Una sintonia analoga vale per la Libia, all’insegna di un rapporto che verte sulla cooperazione e non sulla competizione. Siamo concordi per un impegno alla stabilizzazione di un’area dove si giocano importanti interessi».

Un buon rapporto che, secondo Guerini, sarà giocato anche in Libia . «Naturalmente – ha concluso Guerini – quel Paese assume una rilevanza diversa per ragioni di sicurezza nazionale, economiche, storiche, culturali, ma dobbiamo sempre considerare quella grande area di crisi di cui dicevo, caratterizzata da una forte presenza jihadista, le cui conseguenze si riverberano inevitabilmente sull’Italia e sull’Europa. Il nostro approccio resta sempre lo stesso. Noi diamo appoggio e addestramento alle forze di sicurezza locali. Il nostro vuole essere un apporto efficace e di lungo termine. Se vogliamo garantire alle istituzioni di quei Paesi la possibilità di gestire le situazioni di crisi in maniera autonoma, dobbiamo lavorare in questa direzione. È un investimento che richiede pazienza, ma dai risultati duraturi».

(Enrico Casale)

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