Covid-19: alle Seychelles vaccini al via. E nel resto dell’Africa?

di Stefania Ragusa

L’arcipelago delle Seychelles è stato il primo paese africano ad avviare la campagna vaccinale contro il Covid 19. Il presidente Wavel Ramkalawan e altri esponenti dell’establishment sono stati vaccinati il 10 gennaio, con il vaccino cinese sviluppato dal laboratorio pubblico Sinopharm con la controllata China National Biotec Group (Cnbg). Le Seychelles hanno ricevuto 50.000 dosi, donate dagli Emirati Arabi Uniti. L’intera popolazione delle Seychelles, 95.000 persone, dovrebbe essere vaccinata su base volontaria.

E nel resto del continente, attualmente secondo solo al Nord America per velocità di progressione pandemica, cosa succede? L’Oms auspica di vaccinare il 3% degli africani entro marzo 2021 e il 20% entro la fine del prossimo anno. Tra i 47 paesi che afferiscono alla regione africana dell’OMS solo un quarto ha piani adeguati per risorse e finanziamenti. L’Oms auspica quindi che i vaccini siano distribuiti utilizzando il meccanismo Covax, istituito insieme all’organizzazione internazionale per i vaccini Gavi, per assegnare i lotti ai paesi poveri. Covax ha accordi per sostenere 92 paesi a basso e medio reddito, più della metà dei quali si trovano appunto in Africa. Ha stretto accordi per procurarsi due miliardi di dosi di vaccino; l’Oms spera che le prime dosi vengano consegnate entro la fine di gennaio. Ma diversi governi temono l’eccessiva lentezza di questo processo e, se da un lato auspicano che i paesi ad alto reddito, che hanno comprato più dosi del necessario, dirottino quelle in eccesso sull’Africa, dall’altro cercano forniture dalla Cina e dalla Russia.

Il fatto che i vaccini abbiano seguito un iter di verifica diverso da quelli occidentali non è un deterrente. Il 9 gennaio il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha concluso un tour in Africa volto ad affermare i legami di Pechino con il continente. Avrebbe preso accordi con la Nigeria, con la Repubblica Democratica del Congo, il Botswana e altri Paesi. Varie nazioni stanno cercando di usare i loro legami geopolitici per ottenere l’accesso ai vaccini. La Guinea, nel frattempo, ha ordinato a dicembre 55 dosi di Sputnik russo, riservandole ad alcuni funzionari governativi. Il Togo confida nell’iniziativa Covax ma sta cercando anche ive alternative, in particolare attraverso una partnership con l’azienda statunitense Pfizer Biontech. Altri paesi come Kenya, Sud Africa, Marocco ed Egitto hanno optato per una strategia diversa: negoziare con le aziende farmaceutiche per le sperimentazioni cliniche sul loro suolo. Questo agevola le aziende che possono testare i loro vaccini su campioni più ampi e permette ai paesi coinvolti di avere un accesso prioritario. Il Marocco avrà accesso prioritario a dieci milioni di dosi in cambio della sua partecipazione alle sperimentazioni della Fase 3 del vaccino Sinopharm. Il regno spera di iniziare la sua campagna di vaccinazione all’inizio di febbraio e vorrebbe anche che la Cina trasferisse la tecnologia in modo da poter produrre il vaccino sul proprio territorio.

Il problema per l’Africa non è rappresentato solo dal reperimento del vaccino, ma anche dalla sua conservazione.  I vaccini Pfizer-BioNTech e Moderna richiedono di essere conservati rispettivamente a -70 e -20 gradi. Quello Oxford-AstraZeneca, al contrario, può essere conservato in normali condizioni di refrigerazione per almeno sei mesi. Le sue dosi sono anche molto più economiche: tra $ 2 e $ 3 per iniezione, rispetto ai $ 25 (almeno) richiesti per le altre due. I sentimenti no-vax, molto diffusi in Europa, riguardano l’Africa solo in modo marginale. Un sondaggio condotto da CDC Africa e dalla London School of Hygiene and Tropical Medicine su 15 paesi ha rilevato che il 79% delle persone interpellate sarebbe pronto a vaccinarsi, ovviamente in condizioni di sicurezza.

(Stefania Ragusa)

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